Il talento di Clint Easwood è da sempre quello di saper trovare nuove strade per uscire dagli stereotipi, per innovarsi pur restando classico. Il resto è la storia di un consenso crescente di critica e pubblico, con l’America e il mondo che hanno imparato ad apprezzare completamente e profondamente un grande attore/autore. Oggi parliamo di uno dei suoi film più riuscititi: Gran Torino, film del 2009.
La Gran Torino è un modello sportivo di un auto prodotto dalla Ford nei primi anni ’70 che Walt Kowalski tiene gelosamente dentro il suo garage da più di trent’anni senza mai usarla e pulendola regolarmente e mantenendola in perfetta efficienza. L’auto è a tutti gli effetti l’alter ego di Walt con il quale condivide l’esistenza.
Anziani e fuori mercato, vivono in solitudine. Walt, dopo la morte della moglie, si concede al massimo una bevuta al bar e trascorre i suoi pomeriggi sulla veranda assieme alla vecchia cagnetta a stappare lattine di birra. Entrambi vivono in un forzato esilio fatto di brusche risposte ai vicini e pessimi rapporti con i figli, il mondo per Walt è solo un catino colmo di “topi di fogna” da criticare. Questo triste equilibrio fatto di sigarette fumate come caramelle e prati tagliati con la meticolosità di un certosino viene improvvisamente, ma forse inevitabilmente, infranto dal mondo che gli ruota intorno che come una marea neanche l’arcigno carattere di Walt riesce ad arrestare.
Il regista e attore americano torna alle tematiche della colpa, del perdono e dell’espiazione, disegnando il conflitto tra la morale religiosa ed una concezione del mondo più pragmatica, contrassegnata da chi ha combattuto una guerra con la convinzione di essere stato dalla parte giusta, e fornendoci uno dei finali più belli e struggenti degli ultimi anni.
Walt (da lui stesso interpretato): un personaggio che se da una parte sputa battute come un cowboy, dall’altra è l’incarnazione dell’”homo faber” americano, uno che “con il cacciavite in mano fa miracoli”.
‘Gran Torino’ vi divertirà, vi farà incazzare, vi farà sorridere, vi farà indignare, vi farà pensare e infine vi farà piangere. Se siete quel tipo di spettatori che pretendono di avere il film in pugno, che salgono sul piedistallo del cinephile con un block notes in mano pronti a prendere appunti sulle sbavature cromatiche della fotografia, fuori di qui. Questo non è un film adatto a voi e vi fareste molto male cadendo dal trono. È un film perfetto, invece, per chi sa, con criterio, lasciarsi consapevolmente trasportare, senza per forza serbare rancore nei confronti di quella mano invisibile, la mano del regista, che senti appoggiarsi sulla tua spalla, pronta a guidarti in una direzione o nell'altra.
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