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Abolizione Province, no della Consulta al decreto. Governo presenta ddl costituzionale

15/07/2013

E’ stata una grande illusione. Il Governo Monti, eravamo nel luglio del 2012, presentava un decreto legge che, tra l’altro, prevedeva l’accorpamento delle Province, in base alla popolazione e alla superficie.
Questo provvedimento rientrava nell’azione di “spending review”(revisione della spesa pubblica) messa in campo dall’esecutivo guidato dal Professore.
In particolare, l’art.17 del suddetto decreto, n°95 del 06-07-2012, annunciava un “riordino delle province e loro funzioni” che doveva servire a snellire e rendere più efficiente ed efficace la macchina burocratica, la cui lentezza è da tutti considerata un macigno per la ripresa economica(e non solo) del nostro Paese.

Tuttavia, nel dicembre 2012, a causa sia del mutato scenario politico dopo la sfiducia del PDL e le anticipate dimissioni del Governo, sia dell’elevato numero di emendamenti presentati in Commissione Affari Costituzionali da parte delle forze politiche, che hanno reso impossibile la conversione in legge del decreto del luglio precedente in tempo, il decreto è decaduto.
Di fronte a questa situazione, il Governo ha provveduto a inserire una norma nel testo della Legge di Stabilità 2013, presentata con L. 24 dicembre 2012, che prevedeva una proroga fino al 1° gennaio 2014 per l'entrata in vigore delle disposizioni del decreto. Ma non è servito.

Infatti, con una nota del 3 luglio 2013 apparsa sul sito, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’uso del decreto-legge per la riforma delle Province.
Dopo diversi ricorsi, la Corte ha preso di mira, oltre che il decreto di cui sopra, anche il decreto del 6 dicembre 2011 cosiddetto “Salva-Italia”sempre dell’esecutivo Monti, che svuotava le competenze delle Province e ne modificava profondamente gli organi di governo.
Secondo i giudici di Palazzo della Consulta, all’interno dei due provvedimenti gli articoli che trattano il tema delle Province sono illegittimi in quanto violano la Carta Costituzionale, in particolare l’art.77 in relazione agli articoli 117, 2° comma lett. p) e 133, 1° comma. Quindi, secondo la Corte Costituzionale, “il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio”.

Il governo presieduto da Enrico Letta è corso ai ripari per risolvere la questione, approvando in Consiglio dei Ministri, convocato Venerdì 5 luglio 2013, un ddl costituzionale per regolare la materia dell’abolizione delle Province, come annunciato dal Premier in occasione della presentazione alle Camere nello scorso mese di Aprile per ottenere la fiducia.

Insomma per risolvere questa annosa questione, che ha visto diversi governi(tra cui quello tecnico di Mario Monti) succedutisi nel tempo impegnati a risolverla con purtroppo scarsi risultati, c’è bisogno di un disegno di legge costituzionale, ovvero un’arma a disposizione del legislatore per cambiare qualunque cosa sia prevista dalla Carta, come appunto le Province.

Crediamo di dire cosa sensata senza mancare di rispetto a nessuno, se diciamo,senza giri di parole, che le Province, così come le conosciamo oggi, non funzionano.
Non fanno altro che aumentare a dismisura il tempo di azione della pubblica amministrazione, quando invece ci sarebbe bisogno di leggi e norme che vanno nella direzione opposta.
C’è molto da lavorare se consideriamo che, per esempio, ci sono molte funzioni che,attualmente,sono assegnate a più enti, che creano sovrapposizione di competenze ed enorme confusione.

Per quanto riguarda l’iter legislativo, è previsto dall’art.138 della Costituzione, che i tempi siano un po’ lunghi: “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione” Con la spada di Damocle del referendum confermativo da evitare, approvando il testo finale “nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.

Speriamo che questo atto del governo, quando sarà presentato, sarà approvato nel tempo più breve possibile con anche una fattiva collaborazione dei due rami del Parlamento.

 

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