Nella prima riunione dopo le frenetiche giornate di un mese fa per l’elezione del Presidente della Repubblica con le dimissioni di Rosy Bindi da Presidente e di Pierluigi Bersani da Segretario( e contestualmente di tutta la Segreteria Nazionale) sabato 11 maggio si sono ritrovati tutti i membri dell’Assemblea del Partito Democratico per eleggere il nuovo segretario.
Con 458 voti, pari al 85.8% dei voti validi, Guglielmo Epifani, ex segretario della CGIL, è eletto nuovo segretario del Partito Democratico. Il totale dei votanti è stato 593, 59 voti nulli e 76 schede bianche.
In un clima paradossale, nel Partito Democratico si cercava di trovare la quadra e individuare un nome condiviso per iniziare una nuova fase.
Con due epicentri, come Brescia e Roma, da una parte il PDL e il M5S dall’altra il PD e SEL, si rendevano protagonisti di manifestazioni che avevano tanto il sapore delle diverse facce della stessa “strana” medaglia.
A Roma, mentre il PD eleggeva il nuovo segretario,con la presenza di alcuni militanti dissidenti che non apprezzavano la scelta dell’ex sindacalista socialista considerandolo in continuità con Bersani, l’ex alleato Vendola di Sinistra Ecologia e Libertà teneva una contromanifestazione dal titolo significativo: “fai la cosa giusta” per denunciare l’alleanza di governo tra democrats e berlusconiani.
Dall’altra parte, invece, a Brescia, il PDL con Berlusconi a capo(con la presenza dei ministri Alfano, Lupi, Quagliariello), con il pretesto della campagna elettorale cittadina, si radunava per aizzare la folla a colpi di invettive contro la magistratura e i “pm politicizzati”(arrivando addirittura a paragonarsi a Enzo Tortora: “io vittima come lui”) rinfocolando cosi la perenne lotta contro i giudici rinfrescata dalla condanna in appello a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale sui diritti tv Mediaset rimediata a Milano pochi giorni prima.
Questa iniziativa ha alzato i toni di discussione grazie sia alle proteste di alcuni manifestanti politicamente ostili a Berlusconi(prevalentemente centri sociali e grillini) che alle contro proteste dei militanti e dei parlamentari del PDL che accusavano di essere stati ostacolati da questi e di non poter arrivare nella piazza, tant’è che è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa per far sì che tutto andasse per il meglio.
C’è da registrare anche delle accuse di alcuni manifestanti nei confronti degli esponenti del M5S(in particolare il capogruppo al Senato Vito Crimi, che aveva preso la parola con il megafono) accusati di aver favorito la ripresa politica di Silvio Berlusconi a causa della loro cieca intransigenza e del loro rifiuto all’alleanza con il PD.
In tutto questo terremoto, durante l’assemblea del PD si sono succeduti diversi esponenti per esprimere la propria opinione sulle cause e sulle soluzioni ai problemi interni al partito.
Gli interventi più interessanti sono stati quelli di Vincenzo De Luca, Matteo Renzi, Pippo Civati, Rosy Bindi, Pierluigi Bersani e il presidente del Consiglio Enrico Letta.
Tra i big del partito, Veltroni, D’Alema, Marini e Fioroni sono rimasti in silenzio.
Se il sindaco di Salerno nonché neo-ministro per le Infrastrutture e i Trasporti di fresca nomina(che è stato il primo a prendere la parola con il suo intervento) ha tuonato contro lo stesso partito affermando di provare un senso di “vergogna” e ha sentito il bisogno di “chiedere scusa ai militanti e agli elettori” per il “correntismo organizzato in maniera militare” che sta uccidendo il partito non organizzato con un selezioni dei dirigenti “seria” e “per merito” ma in base al “capopartito”, il sindaco di Firenze ha auspicato un partito che “sta anche nei dolori veri delle persone e nelle loro speranze” dal momento che “negli ultimi tempi, non abbiamo avuto una visione e ci è mancato l’entusiasmo”. Il giovane Pippo Civati, invece, ha espresso la volontà di “uscire dalle paure,come quella della rete” con la speranza che il partito democratico esca da questa impasse avendo “come soggetto il cambiamento, senza avere paura”.
La Presidente dimissionario Rosy Bindi ha puntato il dito contro i cosiddetti franchi tiratori: “La pluralità a volte si è confusa con la politica delle correnti. Non dobbiamo essere ipocriti, interroghiamoci su cosa significa essere imparare almeno a fidarci tra di noi e dire quella cosa banale che è la verità.”.
Il segretario uscente Bersani, invece, ha auspicato che questa sia una “nuova fase” per il PD: “serve un cambiamento e una ripresa di fiducia. E in questo noi dovremo giocare le nostre carte e saper correggerci in corso d’opera. Serve un nuovo inizio e sapere che siamo capaci di realizzare questo compito”
Il premier Letta ha partecipato all’Assemblea in quanto deputato del PD e ha ammesso, confermando l’eccezionalità della situazione attuale, che questo “non è il governo per quale ho lottato, non è il mio governo ideale”.
Alla fine ha parlato anche il neo segretario Epifani affermando che non poteva rinunciare a questo incarico per spirito di “responsabilità”, concludendo con il lancio di una sfida al suo partito: “ Mettiamoci la faccia perché la nostra faccia è sinonimo di serietà”.
Alla fine, dopo i vari interventi, si è percepito una principio di unità sul documento che proponeva la figura di Epifani come segretario per questa nuova fase preliminare. Ciò nonostante espressioni di dissenso, legittimo e sacrosanto, ci sono state,anche se anziché manifestarsi nei luoghi di discussione e di confronto(Parlamento, assemblee di partito) avvengono sottobanco e in maniera poco trasparente.
Infatti, storicamente la sinistra è vittima di situazioni poco chiare al suo interno: faide, correnti, sottocorrenti e fazioni contrapposte. Questo, in teoria, dovrebbe essere segno di pluralità di visioni che poi, fondendosi, trovano la più alta sintesi da proporre al Paese:praticamente, però, ciò si risolve in una lotta senza confini che non porta a niente se non all’indebolimento del partito, del Governo e quindi del Paese.
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