Quando Charles Dickens scrisse “A Christmas Carol” il primo intento era probabilmente portare una forte critica alla società borghese dell’Inghilterra vittoriana. Il suo Scrooge è il classico figlio di una classe insensibile ai problemi di quelle inferiori di cui nessuno, in fondo, si fa carico. Il Natale, con le tavole imbandite e le feste dei ricchi in contrapposizione alla fame del popolo, diventa l’espediente perfetto per raccontare la rinuncia ai valori in nome del denaro e del lusso di cui tutto il sistema è complice. Il vecchio avaro è crudele perché circondato da una struttura compiacente, a cui poco interessa condannarlo in pubblico perché molto più importanti sono i favori reciproci su cui si basa quel modello di vita. In un contesto così uno come Scrooge potrà anche essere solo a Natale perché sceglie di esserlo rifiutando l’affetto del nipote, ma Bob Cratchit e quelli come lui, lavoratori sfruttati e sottopagati, sono soli sempre e non per scelta propria, a combattere contro i soprusi di chi siede più in alto di loro.
Tanti, troppi Bob camminano ancora su questo mondo, vuoti, senza speranze, segna sogni. Uno di loro corre tra i vicoli di Gotham City, terrorizzato. Quanti Scrooge esistono per lui, quanti padroni pronti ad umiliarlo, a sottometterlo in cambio di quasi niente ha già incontrato?
Quello che lo sta inseguendo con la maschera da pipistrello è solo l’ultimo. Ce l’ha con lui, vuole qualcosa che Bob non può dargli perché in fondo anche uno così ha ancora un prezzo nonostante tutto, e un po’ di dignità da conservare che porta il nome di suo figlio.
Con “Batman Noel”, da lui scritta e disegnata, Lee Bermejo riprende la narrazione di Dickens e la adatta con successo all’universo del Cavaliere Oscuro e all’epoca contemporanea. Il pipistrello sta seguendo un indagine che passa per Bob, disoccupato e sommerso di debiti che può condurlo all’uomo che sta cercando. Per riuscirci è disposto come sempre a far saltare le carte in tavola. Per lui Bob è solo l’ennesimo delinquente di mezza tacca che non merita alcuna pietà, un rifiuto della società che all’occorrenza può anche essere schiacciato come un insetto. I deboli, i buoni e i puri di spirito muoiono presto in un posto come Gotham, l’ha imparato quando era ancora un bambino, dopo due colpi di pistola.
La storia procede su due binari incrociati, da una parte la miseria di Bob, sconfitto dalla vita con un figlio a carico a cui non può offrire nemmeno un albero di Natale decente, disgustato dalla sua stessa faccia e dalla vergogna che ogni giorno prova nel sentirsi un fallito, dall’altra lo Scrooge mascherato di Bermejo, che dai tetti di un quartiere povero di periferia coperti dalla neve osserva impassibile uno spaccato di mondo che ogni giorno lotta per rimanere a galla.
Come il protagonista di “Canto di Natale”, anche Batman incontrerà i suoi tre spiriti nella notte, che proveranno a smuovergli la coscienza ciascuno a modo proprio, mostrandogli come spesso le cose sono molto più complicate di come appaiono e che giudicare qualcuno per le sue azioni è molto più facile che capire il perché le ha fatte. Alla fine, oltre all’uomo a cui dava la caccia, il detective troverà anche altre cose, che non possono essere ignorate una volta viste, e nello scontro finale dovrà decidere se la giustizia e il senso del dovere pesino più dell’innocenza di un bambino, scegliere tra ciò che è giusto per la legge e ciò che lo è per gli uomini.
I meriti dell’autore sono tanti, sia dal punto di vista della sceneggiatura che dei disegni. Per quanto riguarda il primo aspetto il Bruce Wayne giustiziere mascherato ma soprattutto ricco imprenditore capitalista che reagisce con repulsione alla vista della povertà racconta un mondo ormai spaccato in due, di una parte sempre più vasta che non ce la fa più, la prova della sconfitta di un sistema capitalista che invece di risolvere problemi che esistevano già li ha per certi versi esasperati arricchendo pochi a discapito di tanti altri; ottima la scelta dei personaggi per interpretare i tre spiriti del Natale, il terzo forse più facile da indovinare, il primo e soprattutto il secondo davvero inaspettati ma perfettamente in parte. Per la parte grafica, vengono scelti inaspettatamente toni chiari che hanno conferiscono alla storia quell’atmosfera gelida e ovattata che sembra quasi potersi respirare in alcune scene, su tutte la bellissima sequenza ambientata nel cimitero. Allo stesso modo del romanzo, anche qui la salvezza del povero dipende dal pentimento del ricco ma in un certo senso è vero anche che è il primo a salvare il secondo, e chissà che non sia proprio questo, darsi da fare per salvarsi a vicenda, il punto da cui ripartire per rimettere insieme i pezzi e tirarne fuori qualcosa di buono.
Potremmo approfittare di questi giorni per pensarci, tra un pranzo e un regalo scartato. Buone feste a tutti, come sempre “Nuvole d’Arte” si ferma un po’ in questo periodo ma tornerà presto a parlare di fumetti, decidete voi se è una minaccia o una bella notizia.
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