Nella tarda mattinata del 9 Maggio 1978 in una casa di Roma il telefono squilla. La voce di Francesco Tritto appare all’inizio sbrigativa, quella di uno che non ha tempo per rispondere al telefono ma siccome nessuno ha alzato la cornetta ha dovuto pensarci suo malgrado. L’interlocutore dall’altra parte del microfono tergiversa, si presenta come “Niccolai”, parla con indecisione. - Mi sembrava di aver riconosciuto la sua voce…lei è il Professor Franco Tritto -, afferma più che chiedere. - Senta, indipendentemente dal fatto che lei abbia il telefono sotto controllo, dovrebbe portare un’ultima ambasciata alla famiglia -. A quel punto il ricevente è spazientito, - Sì ma voglio sapere chi è lei - chiede e forse pensa ad uno scherzo, magari di un suo studente visto che svolge il ruolo di assistente universitario. Si avverte un disturbo, l’uomo dall’altra parte respira forte, poi risponde - Brigate Rosse -.
Per qualche secondo nessuno parla. - …Vabbene -, dice il professore, e ascolta quello che la voce ha da dirgli.
Via delle Botteghe Oscure, nel cuore del centro storico della capitale, deve il suo nome alle numerose attività commerciali e artigiane prive di finestre risalenti al Medioevo. Al numero 5 si trova la sede del PCI (Partito Comunista Italiano), edificato dopo le demolizioni del 1938 su suolo già occupato da edifici appartenuti alla famiglia Margani. Tra le strade che vi fanno ad angolo c’è via Caetani. Quasi all’altezza di palazzo Mattei, tra le due fila di auto parcheggiate c’è una Renault Rossa. Verso le 14,00 inizia a formarsi un nutrito gruppo di persone intorno alla macchina; molti sono uomini in divisa, altri hanno in spalla la telecamera, la maggior parte sono semplici passanti che non sanno nemmeno cosa stia succedendo, fino a quando un ufficiale dei Carabinieri forza il bagagliaio. In pochi secondi tutto il mondo guarda dentro l’abitacolo, sotto la coperta che copre il corpo senza vita di un uomo rannicchiato di lato, ucciso da una raffica di proiettili dopo una prigionia durata due mesi.
Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, partito di maggioranza del governo Andreotti IV, viene rapito il 16 marzo in un agguato dove vengono uccisi tutti e cinque i membri della scorta e tenuto segregato, secondo quanto affermato dai responsabili, in un appartamento a via Montalcini. Durante questo periodo il Presidente scrive lettere al partito, all’amico Cossiga, ai segretari degli altri schieramenti, ai vertici vaticani e ai suoi familiari. Parole di speranza, di accusa, di delusione si avvicendano negli scritti puntualmente consegnati ai destinatari, tranne una lettera al nipotino in cui l’Onorevole parla di un paesaggio marittimo e ripete più volte di essere “lontano, ma non molto” e “fuori, ma non troppo” (da qui il motivo per cui le dichiarazioni sul presunto covo sono ancora oggetto di indagine); frasi cui fanno da contraccolpo il silenzio ostinato di una Repubblica che senz’altro non può trattare con dei terroristi per ovvie ed elementari ragioni ma per l’ennesima volta appare anche poco chiara e prigioniera di qualcun altro, impossibilitata o incapace di contrapporsi al più triste degli epiloghi.
Il ritrovamento del cadavere dell’Onorevole Aldo Moro concludono i 55 giorni più bui della storia della Repubblica Italiana e segnano il punto di massima tensione del periodo storico chiamato “Anni di piombo”, cominciato a Milano con l’esplosione di una bomba nella sede della “Banca Nazionale dell’Agricoltura”, che costò la vita a 17 incolpevoli persone, e trascinatosi fino all’inizio degli anni ’80. Uno spaccato che ha visto la guerra delle istituzioni contro le bombe dei gruppi terroristici di Estrema Destra o Neofascisti e i sequestri e le esecuzioni messi in atto da quelli di Sinistra; in mezzo le infiltrazioni dei Servizi Segreti di nazioni straniere volte a proteggere gli interessi dei rispettivi blocchi di riferimento, uomini senza nome e carta d’identità con occhiali scuri che appaiono e scompaiono dagli uffici della Politica, altri ben conosciuti che dovrebbero trovarsi dietro le sbarre e invece vengono catturati dagli obiettivi nascosti tra la folla dopo gli attentati.
Rispolverata la gloriosa etichetta “Audace”, che verrà dedicata ad una produzione destinata ad un pubblico adulto per temi e trame, “Sergio Bonelli Editore” ha annunciato l’ormai prossima pubblicazione di “Cani Sciolti”, miniserie scritta da Gianfranco Manfredi che debutterà in anteprima il prossimo Maggio al Comicon di Napoli con i primi due episodi disegnati da Luca Casalguida e arriverà in edicola nel secondo semestre dell’anno, probabilmente ad Ottobre. La vicenda comincia nel 1968, anno dei moti studenteschi che soprattutto in Francia e in Italia diedero sfogo ai rancori di una generazione che sognava la rivoluzione e i cui elementi più estremisti una volta esaurita la forza delle manifestazioni covarono il germe della delusione fino a farlo sfociare nella lotta armata. I protagonisti sono quattro studenti universitari, ragazzi come tanti che vorrebbero aggiustare il mondo e alla fine si accorgono che quelli rotti dentro sono loro.
La prima incursione della Bonelli nella Storia Contemporanea, “Cani sciolti” è un’idea coraggiosa e un ottimo promemoria per ricordare ai nostalgici di qualsiasi estremismo quanto la libertà che essi hanno oggi di parteggiare per certi culti ignobili venga dal sangue di quelli che, tali mostruosità, le hanno combattute.
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