“Una quantità di uomini ottimi sono stati dei falliti perché i loro particolari talenti non si adattavano all'epoca e al luogo in cui gli è toccato vivere”, disse Raymond Chandler. E lui sì che li aveva scelti bene luogo e tempo in cui nascere e iniziare a scrivere.
La differenza basilare tra il romanzo giallo classico, o quello poliziesco, e il “Noir” che nasce dalla sua penna e da quella di Hemmatt sta proprio nella componente socialogica, che qui acquista un tratto centrale mentre prima restava sullo sfondo. La Los Angeles degli anni ‘40 fumosa e buia, in cui Philip Marlowe si muove in mezzo a uomini poco raccomandabili e donne che spesso non sono chi dicono di essere, è la protagonista principale delle sue indagini, il corpo centrale che tira i fili dei personaggi che si muovono al suo interno.
Topolino è figlio non solo di Hollywood, che dall’alto guarda la metropoli californiana, ma anche della stessa epoca. Se ne accorge quasi subito Floyd Gottfredson, che fin dalle prime storie lo pone alle prese con piccole indagini, misteri da risolvere per aiutare la fidanzata Minni o l’amico Pippo; poi, nel 1939, scrive con i disegni di Merrill De Maris “Topolino e il mistero di Macchia Nera”, in cui consegna al suo protagonista una città, Topolinia, un nemico spietato da combattere e un attività come consulente del commissariato di polizia locale.
Da allora, pur essendosi cimentato con successo nei più disparati generi, il noir continua ad essere quello che più caratterizza le storie del topo, un filo che parte dagli studi Disney di Los Angeles e arriva in Europa e in Italia, dove la fantasia di maestri come Romano Scarpa e Guido Martina lo accompagna negli anni fino a consegnarlo nelle mani di una nuova generazione di autori che nella seconda metà degli anni ’90 si affaccia alla ribalta negli studi milanesi della redazione del settimanale a lui dedicato. Di questi fa parte Tito Faraci, che al Topolino detective con impermeabile e cappello è particolarmente affezionato.
In quel periodo Disney Italia compie scelte importanti e sperimenta con PKNA una nuova linea editoriale parallela a quella classica. L’idea di tentare col topo la stessa cosa che con Paperinik ha avuto successo viene ad Ezio Sisto, che a Faraci e a Giorgio Cavazzano affida la realizzazione del progetto.
“MMMM – Mickey Mouse Mystery Magazine” debutta nelle edicole nel Maggio 1999. Se PKNA aveva estremizzato alcuni aspetti dell’eroe mascherato di Paperopoli, portandolo ad agire in un contesto fantascientifico tra alieni e guerre interplanetarie, MMMM segna ancora di più un punto di rottura con la tradizione, introducendo Topolino in un luogo completamente estraneo e facendolo interagire con personaggi mai visti prima. Teatro delle vicende narrate è Anderville, metropoli caotica e violenta, popolata da personaggi senza scrupoli, ricchi imprenditori pronti a tutto per ottenere ciò che vogliono, poliziotti che chiudono un occhio se ben ricompensati e scagnozzi che servono un padrone o l’altro a seconda di chi li paga meglio.
Distribuita a cadenza bimestrale, la serie si divide sostanzialmente in due parti: i primi otto numeri seguono le vicende del processo a Henry J. Lasswell, rampollo dell’edilizia locale invischiato con la malavita insieme agli amici di vecchia data Leopold Millighan, magnate dell’industria dell’elettronica, e Gloria Gump, direttrice del carcere di massima sicurezza di Order, mentre i restanti quattro raccontano trame autoconclusive. Alla fine del dodicesimo, “Small World”, Topolino annuncia ai suoi amici della Tavola Calda che frequenta il ritorno a Topolinia, in quelle che appaiono delle pagine slegate, un addio frettoloso che arriva quando all’orizzonte iniziava a profilarsi un nuovo nemico, aggiunto poco prima della pubblicazione probabilmente per ordini di redazione.
Considerata oggi un capolavoro, ricercatissima tanto dai vecchi appassionati quanto dai nuovi lettori, all’epoca MMMM non ottenne il riscontro di vendite sperato, ma le ragioni della chiusura vanno ricercate principalmente in alcuni aspetti della trama che erano poco ben visti dalla Disney, non tanto il tema della morte che contrariamente a quanto si può pensare non veniva affatto affrontato per la prima volta, quanto l’esplicita violenza e la perdita dei valori umani; un’opera geniale, che semplicemente non si adattava all’epoca in cui è nata, per dirla come Chandler.
Per chi fosse curioso di scoprire qualcosa di più sui personaggi, i disegni e la realizzazione la serie è raccolta in due volumi speciali, l’ultimo dei quali presentato a Lucca Comics poche settimane fa, alla presenza di Tito Faraci, a cui è stato chiesto se mai rivedremo Topolino ad Anderville. L’autore ha lasciato poche speranze, un po’ perché è passato tanto tempo, un po’ perché in fondo la percezione di MMMM come una serie consegnata alla storia la rende proprio per questo parte del passato, e non è detto che, lasciandosi alle spalle quell’attimo di delusione, non sia proprio questa l’immagine più romantica. Un fumetto troppo avanti per i suoi tempi ma che non sarebbe più lo stesso oggi, da immaginare così, immortalato in un indefinito attimo tra le pagine del nostro tempo.
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