Molti credono che per raccontare una storia la prima regola sia sempre la stessa: partire dall’inizio. Permettetemi di non essere d’accordo, molto spesso le storie più belle, che siano romanzi, film, fumetti, sono quelle che cominciano dalla fine, o nel mezzo.
Quella che stiamo per raccontare potrebbe iniziare addirittura da tanti tempi e luoghi diversi. Ad esempio, la prima scena potrebbe svolgersi nel 1934, in un piccolo ufficio di Los Angeles in cui Alfred (Al per gli amici), un signore che fa il disegnatore, sta lavorando ad un cortometraggio animato che vede tra i protagonisti una gallina, un maialino e un papero vestito da marinaio.
Sarebbe un bell’inizio, ma lo sarebbe anche questo. 1969, Milano. E’ tardi, ma in una stanzetta della “Disney Company Italia” le luci sono ancora accese. Dentro di sono tre persone, Guido, Elisa e Giovan Battista. Discutono, passeggiano nervosamente mentre il fumo delle sigarette spente filtra la luce verde delle lampade da scrivania del tempo. Anche loro parlano del papero, che nel frattempo ha fatto un bel po’ di strada. Quella che hanno avuto è un’idea un po’ pericolosa, il rischio di fare fiasco c’è, ma se funzionasse sarebbe una svolta epocale. E poi il papero non può perdere sempre, proprio no, non sarà il tipo più sveglio di questo mondo, ma per loro ha delle potenzialità.
Piaciuto? C’è l’atmosfera, la suspance, potrebbe davvero andare. A dire il vero esiste anche un’altra versione, simile, ma più moderna. Il palazzo è lo stesso, ma siamo negli anni ’90 e al posto delle macchine da scrivere sulle scrivanie ci sono i computer. Tra quelle mura si produce il fumetto più venduto in Italia, tradotto in diversi stati europei; i ritmi sono alti, si corre avanti e indietro. Da un paio di settimane però c’è qualcosa di strano: l’ufficio di Paolo, il direttore, resta sempre chiuso. Possono entrare solo Ezio, direttore artistico, e alcuni giovani che lavorano li da qualche anno. Nessuno sa niente di preciso, ma gira voce che il capo stia preparando qualcosa di grosso. Qualcuno dice di aver sentito parlare di una serie, e c’è chi giura che c’entri qualcosa il papero mascherato.
Personalmente sono più per le ambientazioni retrò e un po’ noir, ma anche questa è affascinante. Se non sapete quale scegliere voglio confondervi ancora di più le idee. Il sipario potrebbe benissimo alzarsi ai nostri giorni, tra gli I-Phone e gli I-Pad che stanno invadendo le nostre vite. E’ un mondo 3.0, per qualcuno che se ne intende, internet ha abbattuto i vecchi muri della lontananza connettendo l’intero globo, tutti possiamo sapere tutto e di tutti.
A dirla così sembra bello, ma c’è sempre il rovescio della medaglia. C’è chi sostiene che anche i pericoli siano aumentati, che tutti siamo spiati e basta saper usare bene un computer per poter ficcare il naso in affari di cui non dovremmo mai venire a conoscenza.
Sono in tanti a dire la loro, schierandosi da una parte o dall’altra. Soprattutto i film, alcuni dei quali fanno un gran rumore.
Max e Fausto appartengono ad una generazione che nel virtuale non c’è nata, ci si è trovata ad un certo punto della vita, e forse proprio per questo sono in grado di giudicarne meglio gli aspetti e le potenzialità, e quindi di poterlo raccontare senza essere faziosi.
Anche loro fanno i fumettisti, anche loro si confrontano, litigano fino a che nasce l’idea di una serie, e anche loro pensano al papero.
Visto? Si fa presto a dire “partire dall’inizio”, ma molte volte non c’è un solo inizio, mentre il finale, quello sì è sempre uno. Può essere sospeso, interpretabile, magari aperto, d’accordo, ma è quello.
Meglio partire dalla fine allora. Paperopoli, appartamento di Arianna Konnery. Un misterioso individuo è alla ricerca di qualcosa, ma viene scoperto dalla proprietaria e messo in fuga. Nell’inseguimento il ladro e Arianna si imbattono in Layla Lay, giornalista di 00 Channel che sembra interessata anch’essa a catturare l’intruso, ma quest’ultimo riesce a fuggire mentre tra le due papere si scatena una colluttazione che porterà Lyla a precipitare nel vuoto.
Poco dopo, nella sede dell’Agenzia (un organo segreto di massima sicurezza) l’agente KK, nome in codice di Arianna, sta discutendo con Doubleduck e altri colleghi dell’accaduto.
All’improvviso sentono un suono provenire dal laboratorio del Dottor Gizmo, scienziato del gruppo, e corrono a vedere. Li dentro si trova Lyla, o meglio quella che per tutti è un cyborg con le sue sembianze mentre la “vera” è in onda sugli schermi televisivi.
Una volta entrati scoprono Paperinik, il vigilante mascherato della città, che cerca di riattivare il cyborg. Scatta immediatamente l’allarme, la sicurezza è stata violata. Il supereroe riesce a colpire KK e Gizmo con un raggio paralizzante del suo scudo, mentre l’altro agente segreto riesce a schivarlo.
Ora sono di fronte, faccia a faccia, ma non può essere, uno dei due non è sicuramente chi dice di essere; entrambi sanno che PK e DD non possono trovarsi nello stesso posto allo stesso momento, perché sono lo stesso papero, Paolino Paperino.
Qui finisce la nostra storia. Qui comincia “Timecrime”.
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