Quando Claudio Chiaverotti, torinese, classe ’65, ha lasciato da giovane la facoltà di Giurisprudenza aveva bene in testa cosa fare. Claudio voleva scrivere fumetti, ma non solo, voleva scrivere i “suoi fumetti”.
E sì, perché appena arrivato alla Bonelli nel 1989 ed entrato a far parte dello staff di Dylan Dog, Claudio potrebbe limitarsi a seguire il copione che, in fondo, ad appena tre anni dalla nascita del fumetto, è ancora fresco, ma “Il buio”, numero 34 della serie e primo scritto da lui, appare come il primo vero taglio all’impronta impostata da Tiziano Sclavi.
Sta di fatto che a Sclavi è sempre piaciuto chi ha il coraggio di osare e Chiaverotti diventa in breve tempo, se non il suo successore ufficiale a capo del progetto, sicuramente uno tra quelli che accompagnano l’indagatore dell’incubo nei suoi anni d’oro, fino al numero 205, “Il compagno di scuola”, ultima storia da lui scritta sul personaggio, che arriva quando nella testa di Claudio ci sono già altri progetti.
Lui vuole scrivere “i suoi fumetti”, dicevamo, e reinterpretare quelli degli altri a modo suo gli piace ma non è abbastanza, e così nel 1998 nasce “Brandon”, sua creatura in tutto e per tutto. La serie va avanti, a cadenza bimestrale, fino al numero 100.
Già a pochi numeri dalla fine l’autore in un intervista lasciò intendere che stava lavorando ad un nuovo progetto e che non si sarebbe dovuto aspettare molto per sapere di cosa si trattava. Uomo di parola, visto che dieci mesi paragonati ai tempi di produzione e messa in vendita del fumetto italiano non sono davvero tanti.
“Morgan Lost 1 – L’uomo dell’ultima notte” arriva in edicola e fumetteria lo scorso Ottobre e in questi giorni si appresta a replicare il successo del primo numero con “Non lasciarmi”, seconda tappa alla scoperta del nuovo personaggio di casa Bonelli.
Come Brandon era una contaminazione di diversi generi, dal Fantasy all’Horror, anche Morgan Lost non si ascrive ad uno di questi in particolare, ma aggiunge fin da subito una certa dose di Splatter che rende il tutto decisamente più Dark del precedente lavoro e più Pulp di Dylan Dog (quanto amo questo “American Language”).
Teatro delle vicende è New Heliopolis, metropoli anni ’50 di un mondo alternativo al nostro, in cui Adolf Hitler è stato ucciso da una spia nel ’37 (qui invece hanno aspettato che ci pensasse da solo nel ’45, sta a voi decidere quale tra i due è il vostro mondo ideale) e Albert Einstein ha deciso che la Scienza e la Matematica sono in fondo quel che pensiamo quasi tutti, una vera noia, e per questo si è dedicato alla scrittura di romanzi di Fantascienza.
Sui maxischermi della metropoli davvero ben disegnata dall’ottimo Michele Rubini scorrono le immagini di feroci serial killer e criminali di ogni specie che sono a piede libero, perché possano essere riconosciuti e “cacciati”.
A New Heliopolis, infatti, i criminali devono guardarsi bene le spalle, perché nascosti tra i passanti, ben mimetizzati come normali cittadini non ci sono solo loro, ma anche i cacciatori, gente che si guadagna da vivere trovandoli ed eliminandoli.
Morgan è uno di questi, individui spesso anch’essi privi di scrupoli, che viaggiano sul filo della giustizia, un abile miscuglio tra detective da film noir e bounty killer da selvaggio West.
E’ naturalmente presto per giudicare un progetto che si svilupperà, mensilmente, in maniera più dettagliata nel corso delle prossime uscite, ma due cose buone questo Morgan Lost già ce le ha fatte vedere.
La prima deriva molto probabilmente dal fatto che Chiaverotti è un ottimo conoscitore di cinema e, soprattutto, di quel cinema italiano che a cavallo degli anni ’60 e ’70 è stato da esempio al mondo intero e, ancora oggi, è la più grande fonte di ispirazione del cinema post-moderno e della post-serialità, le cui citazioni condiscono in maniera perfetta il primo numero. La seconda sta nella bella trovata visiva di disegnare la serie, come ha detto l’autore, “con gli occhi del protagonista”. Morgan infatti è daltonico, vede il mondo solo attraverso tre colori: bianco, nero e rosso, creando quell’atmosfera a tratti davvero opprimente e coinvolgente che riesce a catturare da subito lo spettatore.
Se il prosieguo sarà all’altezza ne saremo tutti contenti, nel frattempo restano i giusti meriti di qualcuno che, pur a volte aspramente criticato, continua a portare avanti il suo stile e la sua visione nelle opere che crea. Non è poco e, soprattutto, non è da tutti.
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