Che cos’hanno in comune l’epoca Fascista, gli Anni di Piombo, la Strage di Ustica e la Nuova Camorra?
Un Vampiro.
Non è una battuta, ma andiamo con ordine.
Caporetto, Prima Guerra Mondiale 1916. Il più sanguinoso conflitto mai combattuto fino ad allora è forse all’apice della sua crudeltà. Un giovane soldato siciliano, Pietro Battaglia, scrive, tra un assalto di trincea e l’altro, alla sua fidanzata Ninetta. Non le parla di guerra, di morti, ma d’amore, di come la sogni ogni notte e la pensi in ogni momento, sperando che ogni domani sia quello in cui tornerà ad abbracciarla.
Un giorno Pietro viene ucciso. Un giorno qualunque, uguale a tutti gli altri. Che crudeltà immane porta con sé la Guerra, ci si abitua così tanto al dolore che si finisce per credere quella sia la normalità, e si arriva, giorno dopo giorno, ad imbracciare il proprio fucile e correre incontro al fuoco nemico come fosse una sorta di prassi collaudata, come se a morire non dovessi mai essere tu ma sempre qualcun altro.
E’ un giorno come un altro, dove muoiono tante persone da una parte e dall’altra, e quel giorno muore anche Pietro.
Sembra normale, dicevamo, fino a quando non capita a te, finchè un proiettile non finisce nel tuo petto e allora, negli ultimi istanti di vita, hai tutto il tempo del mondo per gridare che non è giusto tanti ragazzi muoiano per interessi più grandi di loro. E’ a questo che Pietro pensa prima di morire, eppure, nel profondo del suo cuore, un’altra convinzione si fa strada, quella che l’ingiustizia apparterrà sempre a questo mondo, e allora conta stare nella posizione giusta, poter dettare le regole per sopravvivere, essere ricchi, essere rispettati.
In questo modo, Pietro Battaglia si ribella alla sua fine. Muore il soldato, l’uomo, il ragazzo, e nasce il vampiro Battaglia, pronto a sporcarsi le mani di sangue, a vendersi al padrone più potente o, semplicemente, a quello che lo paga meglio, e in Italia di persone pronte a tutto pur di arrivare dove vogliono, disposte a pagare qualsiasi prezzo e rinunciare a qualsiasi scrupolo per i propri interessi, ne sono sempre esistite parecchie.
Con Battaglia facciamo la conoscenza, grazie alla fantasia di Roberto Recchioni e di Leomacs, quando l’editore Cosmo rilascia i volumi “Caporetto” e “Vota Antonio”.
Da allora il vampiro siciliano è tornato svariate volte agli onori della cronaca con le sue avventure ambientate nei più disparati momenti storici del nostro ‘900, dalle oscure campagne elettorali del dopoguerra al G8 di Genova.
L’indovinello di prima, l’avrete ormai capito, si riferiva alla nuova miniserie di Recchioni e Leomacs pubblicata da Aprile a Luglio di quest’anno.
“La figlia del capo”, il primo volume, inizia una sera a Roma, quando il vampiro viene convocato per una missione segreta, risolvere un problema tra l’allora capo del governo e dittatore italiano e sua figlia, che si trova in Oriente.
In “La lunga notte della Repubblica” il tema è il rapimento del segretario della DC da parte di un gruppo di terroristi. Pietro è incaricato di scoprire dove si trova, mentre “Il muro di Piombo” e “Sodoma” hanno il compito di introdurre nuovi interessanti spunti per la prosecuzione della pubblicazione.
Nel primo il vampiro si trova coinvolto in un incidente aereo che costerà la vita all’intero equipaggio e ai passeggeri, ma scoprirà che non è stato un semplice incidente. Qualcuno sapeva che si sarebbe imbarcato su quel volo diretta in Sicilia, e lo voleva morto. Nell’ultima storia, la più bella soprattutto per l’accuratezza dell’ambientazione e l’ottima caratterizzazione dei personaggi, uno spietato Pietro chiuderà il cerchio in una sanguinosa resa dei conti che porterà un nuovo inizio, stavolta, sembra, non più da pedina ma da scacchiere.
Che dire, pur risultando a volte, come accade quando si è alle prese con questo autore, una trama che sembra strizzare eccessivamente l’occhio ad una violenza gratuita, anche questa nuova miniserie conferma Battaglia come un prodotto di ottima qualità, che ha il grande merito di mettere a nudo il peggio degli uomini, e ricorda soprattutto una verità non sottovalutare: la Storia è il prodotto delle nostre scelte, decidiamo noi come scriverla. Tante volte sarebbe bastato dar retta alla propria coscienza per cambiarla, ma troppo spesso l’unica voce che riusciamo a sentire è quella del vampiro, che urla, pazzo, dentro di noi.
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