Ettore Gula è uno dei disegnatori più bravi della sua generazione. Per intenderci, uno di quei ragazzi che a fine secolo scorso sperimentavano nuovi modi di vedere paperi e topi, sulle pagine di Topolino e non solo.
Ci ha parlato del suo lavoro, di quanto contano effettivamente i disegni nell’ottava arte e di tante altre cose, “solo” ci ha chiesto, “non chiamatemi signor Gula, per favore”.
Allora, Ettore, come al solito cominciamo dall’inizio. Come mai ad un certo punto un ragazzo decide di voler disegnare fumetti?
E: In realtà non l’ho mai deciso, è stata una cosa che è venuta da sé dato che disegnare mi è sempre venuto piuttosto naturale. Intorno ai dieci anni ho iniziato a disegnare piccole storie che non finivo mai. Il Liceo Artistico e l’Accademia mi son serviti per maturare e quando ho saputo che Disney cercava disegnatori ho inviato del materiale e sono stato preso.
Qual è stata la storia o il fumetto che più di tutti ti hanno spinto in quella direzione?
E: Nonostante la passione per il disegno prima entrare in Disney le mie letture di fumetti erano poco varie. Da bambino leggevo “Il Giornalino” e, molto raramente, “Topolino”. In seguito “il Monello” e “Dylan Dog”, che ho letto per moltissimi anni collezionandolo fin dai primi numeri. Avevo anche quattro o cinque “Asterix” che negli anni ho divorato più e più volte, in poarticolare "Asterix e l’indovino" che è un capolavoro assoluto di sceneggiatura e disegno.
Quali sono stati, e sono, i tuoi miti nel mondo del disegno?
E: Tecnicamente Moebius, Pazienza, Pratt, Uderzo, Gipi e Cavazzano (e molti altri…). Con gli anni tendo a dare però sempre meno importanza alla “semplice” bravura di un autore preferendone il modo di raccontare e l’originalità dei temi trattati, piuttosto che la bellezza del disegno fine a sé stessa. Anzi, sempre più spesso mi capita di apprezzare comunemente considerati brutti. Anche “Maus”, di Spingelman, “Persepolis” della Satrapi o tutti i lavori di Eisner non sono certo opere con grande tecnica di disegno, ma “pugni nello stomaco” con una forza che non ha bisogno di inutili manierismi.
A chi di loro ti senti più vicino?
E: Moebius, Pazienza e Pratt si nasce, non ci si può avvicinare, sono irraggiungibili nell’Olimpo. Concepire però mie Graphic Novel (ora le chiamano così…) è un sogno che prima o poi spero di avere il tempo di realizzare, se son rose fioriranno…
Di solito siamo portati a pensare che un fumetto nasca dalla fantasia dello sceneggiatore e poi vengano i disegni. Capita mai il contrario?
E: Capita più spesso di quanto si possa immaginare. Lo sceneggiatore può essere ispirato da disegni e suggestioni mostratigli dal disegnatore, a volte anche solo da un personaggio “particolarmente forte”. Un mio progetto per il mercato francese è nato così. E’ poco comune però in grandi produzioni come Disney o Bonelli in cui la serializzazione necessità di lunghe programmazioni che partono quasi sempre da una sceneggiatura o da un trattamento.
Ti abbiamo visto la scorsa settimana sul Topo con “I Bassotti dalla rapina alla rapa”. Preferisci disegnare i paperi o i topi?
E. Non ho preferenze anche se per via del grande numero di storie che vengono prodotte mi capita più spesso di disegnare i paperi. Tra questi il mio preferito è Zio Paperone perché è quello con più sfumature e contraddizioni. Topolino è invece il personaggio più difficile da gestire per via delle proporzioni di testa, mani e piedi che, molto grossi, lo limitano in alcuni movimenti 8 ad esempio accavallare le gambe), e durante l’arco di una storia bisogna ingegnarsi per non disegnarlo sempre nelle stesse posizioni.
Sei nato e vivi a Milano. Quanto c’è di Paperopoli e Topolinia nella tua città?
E: Non saprei. La fortuna di Paperopoli e Topolinia è che, a seconda della storia, si può avere il mare o la montagna quando si vuole e il sole splende molto più che qui a Milano.
In generale, quanto prendi ispirazione dal reale per disegnare un mondo che, benchè sia ormai così parte di noi, è comunque fantastico?
E: E’ bene partire sempre dalla realtà prima di “disneyarizzare” oggetti e quant’altro. Può sembrare curioso ma disegnare un albero, un televisore o qualsiasi altro oggetto partendo da uno reale lo rende meno banale, lo caratterizza meglio. Va detto che per rispettare le consegne e per via dell’esperienza di anni di lavoro, non sempre si fa e purtroppo si vede. Questo impoverisce le storie che diventano più interessanti con particolari e ambienti più “veri”.
Un fumetto, o più di uno, che in questo momento ti convince più degli altri?
E: Tra gli italiani Gipi e Manuele Fior sono i miei preferiti. A livello internazionale Blain, Rutu Modan, Taniguchi, Pedroza e Asano sono i primi autori che mi vengono in mente di cui si può leggere qualsiasi lavoro senza restarne delusi. Sebbene poco conosciuti dal grande pubblico, sono tutti autori pubblicati in Italia di cui consiglio la lettura a chi volesse approfondire la conoscenza del fumetto.
La storia che hai disegnato a cui ti senti più legato?
E: La prima (una storia breve di cinque o sei pagine) quelle di Pk e quelle di sceneggiatori come Enna, Casty, Vitaliano, Faraci e Artibani.
Perché?
E: La prima per ovvie ragioni. Sapere che la storia che hai disegnato verrà letta da 500.000 persone fa davvero impressione. Pk per la responsabilità che comportava . Era attesissimo dai lettori e a differenza di Topolino (che contiene storie di autori diversi) il lavoro era tutto sulle “spalle “ di un solo disegnatore che disegnava l’intero numero del mese. Gli sceneggiatori che ho nominato, perché sono garanzia di belle storie, vero e proprio ossigeno per noi disegnatori.
Ti rivedremo a lavoro su PK, ora che il progetto è ripartito?
E: Non saprei. Pk non esiste più come testata, ha solo apparizioni saltuarie come quella adesso in edicola, per questo sono ormai pochi i disegnatori coinvolti e trovo giusto e inevitabile che in caso di altre storie la redazione decida di affidarle a disegnatori ben più "storici" di me per la testata come Pastrovicchio o Sciarrone. Poi chissà, non si sa mai...
Cosa vedremo di tuo nei prossimi mesi?
E: Usciranno delle autoconclusive su cui ho iniziato a inchiostrare in digitale e una storia lunga che ho appena consegnato dove un giovane Zio Paperone è alle prese con pozzi di petrolio e trivelle con cui spera di guadagnare il suo dodicesimo milione di dollari. Ci riuscirà ma in modo diverso da come aveva sperato…
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