La scuola mi è sempre piaciuta. L’ho scoperto abbastanza tardi, ma non così tanto da non godermela quando era il momento e rimpiangerla dopo.
Non sono mai stato uno di quelli che vedeva nero ogni mattina quando la sveglia suonava alle 7:30, anzi.
Intendiamoci, non ero nemmeno uno studente modello, uno di quelli con la cartella in ordine e il quaderno pieno di appunti.
La scuola era per me motivo di svago, un ambiente in cui ritrovarsi con quelli che, ancora oggi, sono amici e non fratelli solo per questioni di sangue, passare davanti l’aula dove c’era qualche ragazza che mi piaceva (sui miei amori alle superiori potrei scrivere un romanzo, e sarebbe “dark-humour” più che “rosa”), organizzare qualche scherzo in classe o litigare per le nostre rispettive squadre del cuore.
All’Università ho scoperto anche la passione per lo studio. Mi sono reso conto che ci si può divertire da pazzi parlando di cultura, di musica, di cinema e, naturalmente, di fumetti; se la scuola mi piaceva un mondo, studiare Comunicazione a Fisciano mi piace il doppio, perché mi ha insegnato che l’impegno che mettiamo nelle cose che facciamo, che sia ciò che amiamo oppure no, è essenziale.
Non la pensa così Hotaru Oreki, protagonista di “Hyouka”, mistery-story che arriva dal mondo del fumetto nipponico. “Se posso non fare una cosa non la faccio, se devo farla allora sarà meglio farla in fretta”, questo è il motto di Hotaru, studente al primo anno di liceo, pigro e senza stimoli, il cui hobby principale è il “risparmio energetico”.
Quando si troverà costretto a scegliere un’attività extra-scolastica il ragazzo, su consiglio della sorella, deciderà di iscriversi al “club di letteratura classica”, frequentato proprio dalla sorella maggiore ma attualmente chiuso, convinto che sia la soluzione migliore per garantirgli un paio d’ore di sano “far nulla” lontano dalla chiassosa massa, dai professori e soprattutto dallo sport.
Quando arriva nell’aula dove ha sede il club, la scoperta: dentro c’è un altro componente, una bella ragazza di nome Eru Chitanda che si ricorda di Hotaru dai tempi delle medie, nonostante non fossero in classe insieme.
Chitanda aspettava che qualcuno venisse ad aprire la porta dell’aula, visto che una volta entrata questa si è richiusa a chiave, bloccandola all’interno. Quando lei è arrivata la porta non era chiusa a chiave, mentre quando è arrivato il ragazzo sì. Cosa può essere successo?
E’ solo il primo dei tanti misteri che i ragazzi del club di letteratura classica, cui presto si uniranno Satoshi, migliore amico di Hotaru, e Ibara, studentessa addetta alla biblioteca della scuola, dovranno affrontare. Piccoli enigmi che, uniti all’interesse per la bella e un po’ misteriosa ragazza dai grandi occhi, costringeranno Hotaru a impegnarsi più di quanto avrebbe mai pensato.
Il primo numero della serie, pubblicata in Giappone nel 2012 e da cui è stato già tratto, come avviene sempre da quelle parti ogni volta che qualcosa ha successo, una serie animata, introduce bene i personaggi, caratterizzandone bene gli aspetti del carattere senza esasperare il tutto. I disegni del bravo Task Hoda hanno il merito per niente scontato trattandosi di un manga di non essere una rappresentazione in anteprima del “cartone animato che sarà”, non dimenticandosi quel pizzico (giusto un po’) di realismo che nel fumetto non può mancare.
Ma quello che funziona di più è senz’altro l’ambientazione. L’atmosfera della scuola giapponese, molto più simile a quella delle nostre università che delle nostre scuole, è resa in maniera perfetta.
In questi ragazzi si potranno rivedere un po’ tutti quelli che la mattina si siedono in un aula per seguire un corso, che frequentano un laboratorio o un’associazione, che vanno in biblioteca a studiare o alle macchinette a prendersi un caffè.
“Hyouka” è il fumetto che parla di noi studenti, dei nostri giorni pieni di impegni, di dubbi, di libri da leggere e di cose da raccontarci. La nostra storia è li, o almeno un pezzetto di storia di ognuno di noi, e dobbiamo andarne fieri; se il periodo che stiamo vivendo non ci offre la certezza che i nostri sforzi varranno a qualcosa poco importa, abbiamo comunque il merito, il coraggio o semplicemente l’incoscienza di esserci.
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