C’è una bella differenza tra le parole “nostalgia” e “malinconia”.
Se alla seconda dobbiamo per forza legare quel senso di vuoto che accompagna ogni piccola o grande sconfitta della vita, la “nostalgia” è quel sentimento che tanto ha regalato all’arte e che ci coglie quando, voltandoci indietro, un volto o un pomeriggio di tanto tempo fa ci tornano in mente, e scopriamo che ci apparterranno per sempre.
In breve, se il Napoli riesce nella titanica impresa di farsi rimontare due gol in 10 minuti sono malinconico, se passo sotto casa dei miei nonni e mi accorgo che ne ricordo ogni minimo dettaglio perché li dentro ci sono cresciuto allora sono nostalgico.
Chiarito questo particolare, e dato che sono uno di quelli che le cose che gli appartengono le tiene per sé, oggi ci vestiremo da nostalgici e, se tanto spesso abbiamo parlato delle nuove uscite e delle prossime novità fumettistiche, parliamo di fumetti che chiudono.
Partiamo da un presupposto: chi non legge i fumetti non può nemmeno immaginare cosa scatenino nell’animo di chi li legge le ultime tre parole della precedente frase.
Dietro ogni chiusura c’è un piccolo dramma, un pezzettino di mondo che rimane orfano di qualcosa che amava alla follia, pensate a riviste come Capitan Miki, o addirittura “I fantastici 4”.
Solo alla fine del 2014 hanno chiuso più di 15 testate, i cui fans hanno il rispetto da parte di questa rubrica, come ce l’hanno quelli di “Brendon” e di “Saguaro” rispettivamente l’ultima saga conclusa e la prossima a concludersi tra quelle italiane.
Entrambe targate Bonelli, storie e struttura, naturalmente, diverse.
“Brendon”, che prende il nome dall’eroe protagonista della serie, nasce dalla fantasia di Claudio Chiaverotti nel 1998, e può essere considerato con pieno diritto il primo fumetto Fantasy prodotto nel nostro paese.
Nato sull’onda della forte virata del genere fantastico verso l’horror introdotto per primo nel cinema da quel genio di Tim Burton con “Edward mani di forbice”, il protagonista della serie è un cavaliere di ventura che si muove attraverso la Nuova Inghilterra, in un futuro post-apocalittico che ha precipitato la Terra in una specie di Nuovo Medioevo.
Le avventure di Brendon terminano col numero 100, uscito a Dicembre 2014, più dodici speciali annuali.
La storia di “Saguaro” inizia invece in tempi molto più recenti, quando Bruno Enna (di cui abbiamo parlato già diverse volte in questo spazio, ma lo facciamo solo con chi è bravo) si imbatte in un articolo sugli “Shadow Wolves”, un gruppo di nativi americani al servizio della legge che opera in territorio americano.
Originariamente pensato come graphic-novel, il progetto catturò l’attenzione della casa editrice che ne ordinò addirittura una serie.
Ambientata negli anni ’70 in Arizona, vede protagonista un ex-militare di origini Navajo di nome Thorn, chiamato Saguaro per via del carattere poco accomodante. Tornato dal Vietnam dov’era rimasto gravemente ferito, si stabilisce nella casa di un vecchio nativo.
Quando un pericoloso criminale farà uccidere il vecchio perché interessato al terreno attorno alla casa, ne segue una scia di sangue che porterà Saguaro a collaborare con l’FBI e formare una squadra di agenti incaricata di fare da tramite tra nativi e bianchi e mantenere l’odine.
Il prossimo mese, con l’uscita del numero 35, il mensile, di recente nominato da molti come quello meglio scritto del 2014, saluterà i lettori.
Certo, pur essendo anni che il bimestrale non godeva più di grandi vendite né di grandi recensioni, si può dire che Brendon abbia portato a termine il suo ciclo narrativo, mentre l’addio dell’indiano lascerà sicuramente l’amaro in bocca a tanti, anche se le ultime tre storie vanno lette come una sola prorpio per cercare di dedicsare il giusto spazio al finale senza lasciare troppi buchi vuoti.
Inutile girarci intorno, l’editoria non è più o meno crudele delle altre industrie, ti da tutti gli strumenti adatti, le occasioni, ma se non porti i risultati in edicola e in fumetteria non ci esci, e i risultati non sono i premi della critica.
Non resta che stringerci a quei ragazzi che sulle pagine e sui forum dedicati ai due eroi urlano la propria delusione. Ci siamo passati tutti, presto la tristezza passerà e resterà quell’aria unica di nostalgia.
Come le persone. Siamo convinti che di averle lasciate andare, di averle messe da parte, di averle salutate senza rimpianti perché la vita è questa e così si deve fare, e invece sono ancora li, per sempre, in ogni cosa che facciamo.
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