La storia che raccontiamo quest’oggi inizia un giorno normale, in un paesino . Il protagonista è un uomo che mantiene moglie e figlio facendo lo sceriffo.
Rick, questo è il suo nome, e migliore amico, Shane, sono impegnati a tenere a bada due uomini armati, e finisce che il nostro amico si becca una pallottola in pieno petto.
Risvegliatosi in ospedale dopo un periodo di coma si trascina a fatica nei corridoi vuoti della struttura, finchè, dietro una porta, scopre un gruppo di zombie.
In breve tempo Rick capisce che il mondo come lo conosceva non esiste più, al suo posto un nuovo universo, in cui i pochi uomini rimasti vivi sono costretti a fuggire, a nascondersi e a sopravvivere nel regno dei “morti che camminano”.
Non solo chi ha letto il fumetto, ma anche i milioni di fans della serie televisiva avranno capito che stiamo parlando dell’inizio della saga culto di Robert Kirkman “The Walking Dead”, che ha segnato il ritorno nell’immaginario collettivo dello “Zombie”, il morto vivente che si nutre della carne dei vivi diventato fenomeno di massa negli anni ’70 grazie al capolavoro di George Romero “La notte dei morti viventi”.
Riguardando “I giorni perduti”, primo numero della saga che in italia è arrivata al numero 28 (ma è una numerazione sfasata perché ogni numero italiano racchiudeva all’inizio 6 storie della serie, oggi almeno 2), c’è una cosa che salta agli occhi.
Quante pagine credete che occorrano per raccontare quello che è scritto sopra? Pensate, Robert Kirkman ne utilizza sei, di cui appena una parlata.
In 30 secondi passiamo dal mondo che ogni giorno abbiamo davanti, noioso, violento, confuso, a quello post-apocalittico contro cui Rick e il suo gruppo, ancora oggi, sono impegnati a lottare.
Questa rapidità nello svolgimento della trama resta costante nell’opera. In “The Walking Dead” fumetto le cose accadono in fretta, quasi senza lasciare respiro.
La gente muore in fretta, all’improvviso, si sposta in fretta, occupa villaggi e li abbandona in fretta, soprattutto cambia in fretta.
Esempio lampante è il personaggio di Carl, il figlio di Rick, che in poco tempo da bambino diventa un ragazzo con la pistola nella fondina che non ci pensa due volte a far saltare la testa a qualcuno (zombi o uomo che sia).
Ora, chiariamoci bene, se state cercando uno che si metta a denigrare la serie tv o che scriva la solita cosa tipo “la serie è bella ma non regge il confronto col fumetto” devo deludervi: per me The Walking Dead serie è un prodotto che Kirkman ha confezionato, insieme ad autori eccezionali, con la stessa cura con cui è stato confezionato il fumetto, e ciò che ne è venuto fuori è qualcosa capace di incollare allo schermo come raramente capita. Inoltre, l’episodio 9 dell’ultima stagione è da solo un capolavoro,da far vedere nelle scuole di arte di tutto il mondo.
La differenza, oltre al fatto che la storia si sviluppa in modo completamente diverso sia per molti personaggi sia negli eventi, sta proprio nel ritmo.
La serie ha, fin da subito, adottato un ritmo molto più lento, e non credo sia una questione di marketing o di sfruttare il successo per allungare il brodo, in quanto nemmeno qui ci sono punti morti.
Più che altro sembra che lo stesso Kirkman abbia inteso la storia in maniera del tutto diversa.
Se su celluloide i giorni perduti di Rick sono qualcosa che non sapremo mai, da cui siamo andati via e non si torna più, e allora ci si deve preparare a giorni nuovi, consapevoli di essere i protagonisti dell’inizio di una nuova storia dell’umanità (esempio la Guerra Totale e personaggi come Negan), in tv sono la speranza a cui aggrapparsi per non impazzire, darsi per vinti.
Basti pensare che nel fumetto le descrizioni dei personaggi quasi non esistono; non vi capiterà mai, o quasi mai, di assistere ad un ricordo di quando era felice e spensierata la vita prima che arrivassero gli zombie.
Ecco,il passato non c’è, e il presente è fatto di corse, turni di guardia, addestramento e tutto ciò che serve per restare vivi. Già, perché malgrado un mondo popolato da morti che camminano, il caro vecchio detto non sbaglia mai.
I cattivi veri sono i vivi, e la razza umana resta figlia e flagello della terra, anche quando questa non gli appartiene più.
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