Ci sono settimane in cui, dalle mie parti, sembra che non debba più smettere di piovere.
E’ una pioggia battente, scrosciante, che trasforma le strade in fiumi e chiude la città in un mondo bagnato, ovattato, irreale.
Sono giorni in cui ti viene da pensare, da farti due conti su dove sei e come ci sei arrivato, e per un motivo o per l’altro finisci per guardarti indietro, a com’eri e com’era il mondo prima.
Credo che ognuno di noi leghi la propria vita ad alcune cose, quelle che mettiamo negli scatoloni in garage o su in soffitta e riprendiamo quando piove, perché raccontano chi siamo.
Nei miei scatoloni ci sono tanti fumetti, ma quelli della mia infanzia sono soprattutto Topolino. Sfogliandoli mi tornano in mente la poltrona a casa dei miei nonni, dove sono cresciuto, la merenda a scuola, e la vecchia macchina azzurra di mio padre.
Di storie ne ho sempre lette tante, e quando penso a quei tempi ripenso anche a “I mercoledì di Pippo”.
La serie di quel grande autore che è stato Rudy Salvagnini negli anni ’90, iniziata nel ’93 con “Pippo e il giallo a premi” e conclusa nel 2006 con “Ali in fiamme”, ho cominciato a scoprirla da bambino su un numero speciale di mio cugino dedicato a Pippo, quando già era iniziata da un po’, e da allora mi ha accompagnato fino a che sono (diciamo) cresciuto.
Spirito intraprendente per natura, Pippo decide di cimentarsi come autore di romanzi, e ogni mercoledì mostra la sua ultima creatura ad un Topolino che, puntualmente, cerca di svignarsela ogni volta.
Se Massimo De Vita aveva già invertito i ruoli classici dei due personaggi nella “Saga della spada di ghiaccio”, Salvagnini e Lino Gorlero (ai disegni) accentuano al massimo questa tendenza.
Nei romanzi, il nostro “Pippide” preferito si ritaglia il ruolo dell’eroe, mentre all’amico affida quello dell’aiutante spesso incapace, combinaguai e svogliato.
Se ci aggiungiamo che l’eroe, senza macchia e senza paura, e col cervello fino ragiona comunque alla maniera di Pippo, capirete perché “I mercoledì” sono storie da sbellicarsi dal ridere.
Ognuna ispirata ad un genere letterario diverso, alcune sono davvero indimeticabili, come “Il segreto dell’universo”, “Ex- Files” o “Il maniero del brivido”, quest’ultima probabilmente punto più alto della serie con gag da piegarsi in due una dietro l’altra.
Ecco, quando ho voglia di ricordarmi chi sono, io leggo le mie storie preferite.
Topolino e i suoi personaggi sono come quegli amici che ci sono sempre stati e continuano ad esserci, quelli su cui puoi contare davvero, anche se capita che non li vedi per un po’, perché ogni tanto se ne vanno via lontano, o te ne vai tu.
Come Pippo…
Già, perché di quel simpaticone che da bambini ci ha fatto tanto divertire e che tanto aveva saputo raccontare la nostra incasinata società, si sono perse le tracce quasi del tutto.
Al suo posto, da almeno una decina d’anni, troviamo un personaggio stanco, che sta in piedi solo come spalla di Topolino, che accompagna in qualche viaggio nel tempo, o in storielle della durata di 5-6 pagine.
Niente a che vedere con quello che, col suo modo ingenuo e un po’ disincantato di vedere il mondo, sovvertiva le più scontate regole di un mondo che, alla fine, riusciva a farci apparire un po’ strano ma non impossibile e, forse, decisamente meno complicato.
Forse questi anni sono troppo complicati anche per lui, e sta aspettando che il mondo si tranquillizzi un po’ restandosene tranquillo negli anni ’20, dove ogni tanto torna protagonista con “Pippo Reporter” di Radice – Turconi, oppure è solo impegnato a rimettere a posto i tantissimi cimeli e ricordi di famiglia in soffitta.
Magari piove da un pò anche a Topolinia, e gli è venuta voglia di ricordarsi chi è, e a quest’ora è davanti uno scatolone, lontano da tutti, steso in poltrona col suo sorriso un po’ goffo. Chissà…
Ci auguriamo che torni presto, perché guardare indietro serve per trovare la giusta via per andare avanti.
Ecco perché il mio scatolone è già richiuso, con tutti i fumetti che pian piano diventano vecchi e altre cose, che fanno parte di me.
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