Lo ammetto, il mio rapporto coi manga è piuttosto burrascoso.
Motivo, non unico ma principale, sta nell’ esagerazione nei tratti utilizzati spessissimo nel disegnasre i personaggi. Tratti che si legano, parere personale, molto al mondo dei cartoni animati e poco a quello del fumetto.
“One Piece” di Eiichiro Oda non sfugge a questo problema. Mi da enormemente fastidio quando la tensione della storia viene di fatti abbattuta in un attimo da un faccione depresso di Rufy (questo è il nome di Rubber nel fumetto) o di uno incazzato di Sanji (il suo non l’hanno tradotto).
Nonostante ciò l’opera di Oda è sicuramente una delle mie testate preferite.
L’autore nipponico aveva pianificato di sviluppare e concludere la serie in cinque anni, poi è piaciuta anche a lui e, di fatto, dopo 13 anni e 75 numeri (in Italia), la nostra amata ciurma naviga ancora per i sette mari alla ricerca del tesoro di Gold D. Roger (insomma, chissà perché agli italiani solo Rufy non piaceva proprio come nome).
Eppure, dall’inizio del viaggio, l’impressione è che non solo i personaggi, ma lo stesso autore ne abbiano fatto di strada, virando, pian piano, verso un racconto, e un modo di raccontare, decisamente più maturo rispetto alle premesse iniziali.
Altra cosa interessante da osservare è la piega corale che si è andata ad evidenziare a partire dalla saga di “Empel Down”, cioè da quando la ciurma di Rufy si divide una prima volta per ritrovarsi nel tragico epilogo di “Marine Ford”, dove interpreterà un ruolo quasi da spettatore e i veri protagonisti saranno Ace e altri.
Ho messo in risalto questi due elementi perché sono quelli che imperano nell’ultima saga che abbiamo letto in Italia: “Dressrosa”.
L’avventura, a mio parere la più bella del manga, inizia dal volume 70 cap.700 con l’arrivo di Rufy e compagni sull’isola omonima, governata da Donflamingo, capitano del clan di Doquijote e membro della “Flotta dei 7”, dopo i fatti di “Punk Hazard”.
Presto i pirati di “Cappello di paglia” si renderanno conto di trovarsi in una luogo abitato da giocattoli viventi che sono i dissidenti dei dittatori del posto, e dovranno dar fondo, ognuno, a tutte le proprie capacità di sopravvivenza per riuscire a salvare la pelle e combattere il nemico.
L’ambientazione inizialmente scherzosa non deve trarre in inganno. Ci troviamo di fronte alla saga più drammatica del fumetto, e si fa fatica a trovare un protagonista in questa storia, visto che ogni membro della ciurma recita un ruolo primario, sia per azione che per carico emotivo, tanto che, alla fine, figura centrale appare, qui come non mai, quella del cattivo.
Insomma, la sensazione è che l’ingresso nel “Nuovo Mondo” sia stato un punto di non ritorno. Almeno, i ragazzi non sono più gli stessi.
Per gli appassionati dell’anime che non hanno mai letto il fumetto, il consiglio è di iniziare, se non direttamente da qui, dal “Nuovo Mondo”. Il cartone è bello, assolutamente, ma il fumetto…sono altre emozioni, dai!
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