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Qualche considerazione su Gomorra – La serie: nuovo orgoglio televisivo-cinematografico italiano

01/12/2014

Massimo:“Perché avete smesso di fumare?”
Conte:”Ogni anno prendo una cosa che mi piace assai e cerco di farne a meno”
Massimo:”E perché?”
Conte:”Perché l’uomo che può fare a meno di tutto, non ha paura di niente”.

Titolo: Gomorra – La serie
Anno: 2014
Genere: drammatico, gangster
Regia: Stefano Sollima, Francesca Comencini, Claudio Cupellini
Ideatore: Roberto Saviano (basato sul suo libro “Gomorra”)
Attori principali: Marco D’Amore (Ciro Di Marzio), Fortunato Cerlino (don Pietro Savastano), Salvatore Esposito (Gennaro “Genny” Savastano), Marco Palvetti (Salvatore Conte), Maria Pia Calzone (Immacolata “Imma” Savastano).

 

Serie televisiva di enorme successo che ha conquistato l’Italia, ed esportata anche all’estero, nel resto del centro e nord Europa e in America.
Gomorra – La serie è basata sul romanzo “Gomorra” di Roberto Saviano, e narra le vicende dei clan di criminalità organizzata dei Savastano e di Salvatore Conte.
La storia vede come protagonisti il boss dei Savastano, don Pietro (Fortunato Cerlino), suo figlio Genny (Salvatore Esposito), sua moglie Imma (Maria Pia Calzone), uno dei più importanti sottoposti di nome Ciro Di Marzio (Marco D’Amore), e il boss del clan rivale, Salvatore Conte (Marco Palvetti).
Essa racconta principalmente la vita della prima famiglia camorrista: un clan già affermato senza scrupoli che si macchia di vari reati, tra cui i principali sono lo spaccio di droga, rapine, tanti e tanti omicidi.
Il tema principale della serie è il tradimento, tutte gli eventi girano attorno a questo elemento fondante e a causa del quale vedremo moltissime uccisioni.
Pur essendo un organizzazione importante ha molte fratture interne che si risolveranno in disorganizzazione e spaccatura in due fronti verso la fine della serie. La fiducia e la credibilità verso Don Pietro inizia a vacillare, e Ciro inizia ad approfittare di questa situazione facendo notare le sue negligenze e cattive scelte ai compagni. Qui iniziamo a capire un po’ le intenzioni del personaggio di Ciro di cui parleremo in seguito.
Intanto vediamo il personaggio di Genny che per metà della serie risulta essere un nullafacente, dedito al vizio, allo sperpero di denaro, e facilmente influenzabile da Ciro e dal padre. Combina spesso guai, è molto poco serio e non sa farsi rispettare, insomma un personaggio non molto degno di nota, ma dalla seconda metà della serie le cose cambieranno.
Con l’andare avanti della storia notiamo anche il personaggio di Salvatore Conte, un uomo rispettato e temuto da tutti, che ha vari disguidi e contrasti con la famiglia rivale. Si fanno torti a vicenda tra cui case incendiate e persone a loro care uccise.
L’obiettivo di Ciro è inizialmente la presa del potere della famiglia di don Pietro, poi non riuscendoci passa dalla parte di Conte. Comprendiamo che il suo vero obiettivo in realtà è la distruzione di entrambe le famiglie. Lui non vuole essere un sottoposto né di Conte né di don Pietro.
Quest’ultimo finisce per essere incastrato e arrestato, e a mano a mano perde potere lasciando le redini al figlio Genny.
Sua madre Imma però si rende conto che Genny non può, in queste condizioni, comandare il clan, per cui lo invia in Honduras per una questione di traffico di droga. Viene però fatto prigioniero e obbligato a uccidere e fare a pezzi una persona. Nel frattempo il clan è in mano a donna Imma, una donna che sa farsi rispettare e sa comandare, ma la presenza di don Pietro inizia ad essere necessaria. Il clan inizia a disgregarsi, con le spinte rivoluzionarie di Ciro e la poca credibilità nei confronti di donna Imma, che nonostante tutto riesce a fare il suo lavoro. Quando tutto sta per essere sovvertito, Genny dopo un lungo periodo passato in Honduras torna. L’esperienza in quello stato lo ha cambiato profondamente ed assistiamo ad un cambio radicale del carattere del personaggio: aggressivo, deciso, sa farsi rispettare, impulsivo, non si fa influenzare da anima viva. Insomma totalmente cambiato, pienamente in opposizione col personaggio della prima metà della serie.
Da qui inizia a ristabilire l’ordine, ma i contrasti interni sono tanti. La fiducia viene a mancare, il tradimento sembra sempre dietro l’angolo, e Genny sembra essere messo con le spalle al muro. Va a trovare il padre in carcere e gli chiede aiuto riguardo la fiducia poiché non sa più in chi riporla. Ma ormai don Pietro è un uomo finito, in uno stato catatonico, ha perso il senno e non gli risponde.
Al che si viene a creare una grande divisione all’interno del clan in cui Ciro cerca di prendere il potere, per poi schierarsi con Conte. Da qui ci sarà un colpo di scena che ci porterà verso lo scontro finale tra le forze in gioco, di cui preferisco non fare spoiler, anche perché non è necessario al fine dell’analisi che intendo svolgere.

Una collaborazione sublime del trio Sollima-Comencini-Cupellini, infatti si nota la grande capacità registica dei tre, specialmente quella di Sollima, la cui direzione ci fa ricordare il suo altro capolavoro italiano “Romanzo criminale”. Una regia che non ci sembra italiana, visti i nostri standard. Eppure ci sono un sacco di talenti in Italia come questi tre, solo che siamo abituati ad altri successi al botteghino, quali i cinepanettoni, esempio calzante. Questo tipo di regia è come se non ci appartenesse, infatti il telespettatore non esperto tende a confonderla con quella americana, o con forti influenze straniere. In realtà ci appartiene, e come.
Dettagli importanti, colpi di scena che lasciano a bocca aperta, forte caratterizzazione dei personaggi, recitazione unica nel panorama italiano, fanno di questa serie un ottimo prodotto televisivo di cui andare orgogliosi.
Il cast di questa serie è incredibilmente preparato, dotati di una ottima esperienza attoriale. Quasi tutti provengono dallo scenario teatrale, e lo si coglie con grande piacere del telespettatore. Una recitazione molto esperta degna di nota, un sapersi calare nei personaggi non indifferente, espressioni, mimiche facciali e gestualità fantastici. La caratterizzazione e il profilo psicologico sono quelli che più colpiscono lo spettatore. Tutti gli attori principali sono abbastanza complessi, specialmente i personaggi di don Pietro, Ciro, Conte e l’insospettabile rivelazione di Genny.
La reazione dello spettatore è fortemente “ipocrita”, come quando ogni volta per una storia si sceglie per protagonista il cattivo. I personaggi della serie sono tutti, nessuna esclusione, negativi. Sono camorristi, si macchiano di ogni tipo di reato, tra cui spesso l’omicidio. Eppure lo spettatore si affeziona, come sempre accade, e tende a stare dalla parte di quello che più gli sta simpatico. Dopo aver visto la serie però continua a condannare la criminalità organizzata. Ipocrisia? No, per niente. E’ semplicemente l’attaccarsi emotivamente a dei personaggi di finzione, come sempre ci accade in qualsiasi tipo di storia che caratterizza così bene dei cattivi e di cui ne apprezziamo la determinazione, il sangue freddo, il saper comandare e quant’altro.
Don Pietro è eccezionale. Un’autorità indiscussa come boss, rispettato da tutti, persino in prigione. Mai attore più adatto ad un personaggio del genere : quasi come se trasudasse cattiveria da genio del male. Apprezziamo il suo modo di comandare, di impartire ordini, di tenere sotto controllo tutti i tipi di situazione. E soprattutto la sua grande interpretazione quando perde il senno in carcere, quasi in catalessi. Non vi svelo nulla, ma capirete fino in fondo la sua importanza in particolare nell’ultima puntata della stagione con uno stupefacente colpo di scena.
Salvatore Conte è il personaggio che un po’ tutti adorano. Come non si può? Del resto è caratterizzato alla perfezione. Le stesse qualità di don Pietro per quanto riguarda l’autorevolezza, ma più temibile e più rispettato. I suoi sguardi, il suo modo di parlare mettono quasi inquietudine, tutti tremano alle sue parole. Uomo di fede, estremamente calmo e riflessivo quando serve e, secondo gli standard di un camorrista, segue dei precisi principi morali. Possiamo notarli ad esempio nella citazione all’inizio dell’articolo, la quale spiega che lui fa, una volta all’anno, a meno di una cosa che gli piace tanto, perché se può fare a meno di tutto non ha paura di niente. Un uomo senza paura in sostanza, dal sangue freddo, che sa gestire sempre qualsiasi tipo di situazione.
Ciro è forse quello più negativo tra i personaggi. Pensa solo al proprio bene, fin dall’inizio della serie. Esemplificazione del tradimento e vero e proprio antagonista del clan Savastano. Cambia spesso fazione, fa torti a entrambi i clan. Il suo obiettivo, come ho già detto, è la presa del potere. Illusosi di poter sottomettere Genny, ma che dopo la vicenda dell’Honduras non riesce. Così passa dalla parte di Conte. Poi mira alla distruzione di entrambe le famiglie. Tra le ultime puntate arriva ad inimicarsi entrambe i clan, anche se forse è ancora un sottoposto di Conte. Ciro è un personaggio doppiogiochista. Ci illude di tenere a Genny, ma poi capiamo che è tutto fasullo. E’ un personaggio che indossa molte maschere, architetta piani, attua sotterfugi per non farsi scoprire. Questo cocktail di ambiguità e finzione fanno di Ciro il vero e proprio cattivo per eccellenza. Per usare uno degli archetipi dei personaggi di Vogler, potrebbe collocarsi nel il “Mutaforme”.
Per finire in bellezza c’è Gennaro Savastano. La sua mutazione di cui ho già fatto menzione, è impressionante. Come già hanno notato molte persone (come i The Jackal di cui parlerò in seguito), si attua in lui una vera e propria trasformazione fisica e psicologica. Fisica perché nella prima parte è grasso, un po’ impacciato nei movimenti. Nella seconda parte è dimagrito notevolmente e diventa molto robusto di muscolatura. Si nota come l’esperienza in Honduras, costretto a fare a pezzi un americano e a chissà quale altro strazio, l’abbia reso un selvaggio; persino la sua capigliatura ce lo fa pensare, con una cresta alla “indiano d’America”.
La trasformazione psicologica, beh, è quella che più ci fa sussultare. L’aggressività in primis: diventa uno dal grilletto facile, non si fa alcuno scrupolo ad uccidere qualsiasi avversario, intimidire e minacciare oppositori della campagna politica che organizza. Una scena in particolare in cui fa uccidere un vecchio compagno di scuola solo perché, ricordando i suoi nomignoli, lo prende un po’ in giro. La determinazione: riesce a farsi rispettare da tutti, diventa un leader a tutti gli effetti e lo sa fare alla perfezione. Inoltre il suo non farsi più influenzare da nessuno: dalla madre, da Ciro, dai consigli dei compagni. Non si fida più di nessuno, come se avesse perso fiducia nelle persone, tranne forse di quella nel padre. Scatena una guerra intestina tra “i giovani” e “i vecchi” del clan facendone assassinare alcuni. A tratti notiamo sprazzi di follia, certamente collegati al trauma dell’Honduras: è diventato ormai un folle omicida.

Una breve parentesi sui The Jackal va fatta. Sono un gruppo di youtuber, molto famosi che certamente conoscerete, che in particolare per questa serie hanno riscosso un successo nazionale con “Gli effetti di Gomorra sulla gente” #1,2 e 3, con milioni di visualizzazioni in cui ne fanno una parodia, secondo la quale, appunto, gli effetti di Gomorra sulla gente facciano sì che si creino situazioni della serie stessa, ma nella vita reale. Un’imitazione magistrale dei personaggi della serie da parte di Ciro Priello, e la reazione di una persona comune a queste imitazioni, da parte di Fabio Balsamo. Voglio sottolineare la loro importanza in merito al successo della serie, in quanto secondo me lo hanno accresciuto, e non di poco. La serie aveva già sfondato in Italia e all’estero, ma i video dei The Jackal seppur parodistici (con profondo rispetto della bellezza della serie), ne hanno fatto un vero e proprio cult, o per lo meno se lo era già, non hanno fatto che affermarlo pienamente.

Infine volevo concludere con un’ultima considerazione. Ci sono stati forti dibattiti dentro e fuori dal web, già portato avanti anni orsono, riguardo i prodotti cinematografici, in particolare, e quelli televisivi che macchiano l’immagine dell’ Italia come “terra di mafia”.
Non voglio dilungarmi sull’argomento, ma ci sarebbe da fare un’attenta analisi sociologica, la quale non mi compete, per cui il dibattito non è affatto banale.
Alla domanda “Serie come Gomorra, rovinano l’immagine dell’Italia, in particolare del sud, agli occhi dei paesi esteri (o addirittura anche dello stesso nord Italia)?”, io risponderei che in parte è vero, ma tutto sommato, no. Ho avuto esperienze all’estero di persone che mi chiedevano (io sono di Salerno) se mi sentissi sicuro nella mia città, se avessi il coprifuoco, se mi capitasse spesso di vedere in giro uccisioni, estorsioni e cose del genere. Addirittura ho avuto testimonianza di persone a cui veniva chiesto se pagassero regolarmente il pizzo. Queste vicende possono far sorridere (effettivamente ne rido anche io tuttora che le sto scrivendo), ma fanno anche riflettere. L’immagine di questa nazione viene da una parte infangata dagli argomenti riguardanti la criminalità organizzata, continuamente trattati dai prodotti cinematografici e televisivi italiani. Se è vero che cinema e televisione ci dannò uno stralcio di realtà di una società, è del tutto normale che si abbiano questo tipo di fraintendimenti. Tuttavia bisogna anche essere dotati di una buona dose culturale sulla criminalità organizzata al sud, la cui fa essere consce le persone che se cammino nelle strade di Napoli posso stare tranquillo di non essere coinvolto in uno scontro a fuoco; che se apro un attività commerciale a Palermo, non pagherò il pizzo al mafioso di turno. Insomma rovina relativamente l’immagine italiana perché in parte corrisponde a verità quello che viene raccontato, altrimenti non avrebbe senso basarlo su storie vere raccontate nel libro di Saviano. D’altra parte basta farsi un giro nella nostra bella patria, per accorgersi che in realtà l’esagerazione raccontata nei prodotti mediatici di finzione non corrisponde totalmente a verità. Un problema quindi che si fonda sostanzialmente sull’ignoranza delle persone sule situazioni reali che viviamo nel nostro paese. Del resto potremmo avere le stesse idee noi di un qualsiasi film di genere gangster o pulp ambientato in America, e ricrearci nella nostra mente lo stesso tipo di scenario. Il mio consiglio è quindi quello di controllare in loco se effettivamente è quella la realtà raccontata e di non avere troppi pregiudizi. Del resto, come suggerirebbe un qualsiasi personaggio di Gomorra - la serie, “State senza pensieri”.

Antonio Carmando - ExtraTime - - Vai alla Home

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