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“Questa è Chicago”: Spettacolarizzazione del killer/Sciacallaggio di informazione

20/11/2014

“[Mama Morton: In this town, murder is a form of entertainment.”

“[Roxie]: Oh Billy, I’m really scared.
[Billy]: Roxie, you got nothing to worry about.
It’s all a circus, kid.”

Titolo: Chicago
Regista: Rob Marshall
Sceneggiatore: Bill Condon
Anno: 2002 (in Italia nel 2003)
Genere: musical, commedia nera
Attori principali: Renée Zellweger, Catherine Zeta-Jones, Richard Gere, Queen Latifah, John C. Reilly, Lucy Liu.

 

Chicago di fine anni venti, continui omicidi, relativi articoli in prima pagina e processi giudiziari. In particolare ciò che smuove principalmente lo scenario mediatico di quegli anni sono due uccisioni: da una parte quella di una certa Velma Kelly (Catherine Zeta-Jones), colpevole dell’omicidio della sorella e del marito, per aver scoperto una relazione tra di loro. Dall’altra l’uccisione da parte di un’altra donna chiamata Roxanne (Roxie) Hart (Renée Zellweger) per aver ammazzato il proprio amante, Fred Casley, dopo aver scoperto che l’aveva ingannata riguardo presunte promesse che l’avrebbero portata al successo, invece la usava solo per andare a letto con lei.
Entrambe agli arresti, nonostante Roxie avesse persuaso il marito, Amos Hart (John C. Reilly), a convincere la polizia che l’avesse ucciso lui. Così facendo lei inganna lui e la polizia facendo credere ad entrambi che fosse un ladro. Ma la verità viene a galla e Roxie viene incarcerata.
La custode Mama Morton (Queen Latifah) prende in particolare simpatia le due assassine e suggerisce ad entrambe di farsi rappresentare dall’avvocato più influente di tutto l’Illinois che non ha mai perso una causa: Billy Flynn (Richard Gere).
Il resto della storia è tutto volto alla fama crescente prima di Velma (solo all’inizio), e poi di Roxie fino al relativo processo penale che la condannerà all’impiccagione o all’assoluzione.

I personaggi di questo film sono quasi tutti negativi. Solo due si salvano e possono essere definiti positivi: Amos Hart e la signorina Hunyak.
Amos perché è il classico “buono e fesso”. Si fa aggirare dalla moglie più volte perché mosso da veri sentimenti nei suoi confronti: la difende al momento dell’omicidio, paga l’avvocato per una cifra spropositata facendo dei debiti, pronto a prendersi la paternità del presunto figlio nonostante il precedente tradimento. Continua ad amarla imperterrito, ma è invisibile. Interpreta appunto il brano “Mr Cellophane” che intende propriamente questo. E’ invisibile agli occhi di lei, e anche agli occhi degli altri, tranne per quelle poche volte in cui è utile a lei e all’avvocato Flynn, per i soldi e per la testimonianza al processo. E’ una presenza spettrale quella di Amos che talvolta si manifesta, quando è necessario, e che una volta prosciugata della sua utilità visibile, torna nel regno degli invisibili.
La Hunyak è un’imputata che viene poi condannata ingiustamente per un omicidio che non ha commesso. Il suo personaggio, la sua presenza nello scenario mediatico non viene calcolato dal pubblico, sia perché non viene aiutata da Mama, sia per non essere stata rappresentata da Billy. Non viene spiegato il perché nel film, molto probabilmente per un problema economico non riesce a farsi mettere “sotto una buona luce” e quindi viene impiccata. Lei si giustifica dicendo di non essere colpevole, nella canzone “Cell Block Tango”, dell’uccisione di suo marito. Volutamente non ci è dato sapere (a meno che lo spettatore non sappia l’ungherese) cosa lei dice per giustificare la sua non colpevolezza, infatti la lingua rimane in ungherese. Cercando la traduzione, dice di essere stata incastrata poiché di lei hanno detto che è colpevole di aver “preso la testa di suo marito ed avergliela sfasciata”, e che ha provato a spiegare alla polizia che non fosse andata in questo modo, ma non l’hanno compresa. L’unica frase che riesce a dire è “Uh-uh, non colpevole” (uh-uh per intendere un cenno di negazione alla domanda “Sei colpevole?”). Un personaggio questo molto triste, più triste di Amos perché lei ci rimette la vita. La Hunyak è degna di nota come personaggio perché rappresenta l’ingiustizia della legge, più precisamente della non coincidenza, alcune volte, del binomio legge-giustizia.
Gli altri personaggi sono quasi tutti interamente negativi.
Roxie e Velma sono due assassine, entrambe per via del tradimento, che pensano esclusivamente al successo come show-girl e al denaro e alla fine, dopo una buona messa in luce da parte della stampa e della radio (che sono i media degli anni venti), e grazie anche a Mama e a Billy, lo ottengono.
Mama è un personaggio avaro, non perde occasione di racimolare denaro da qualsiasi fonte possibile. Simpatizza subito per le protagoniste perché da loro può guadagnare una gran quantità di soldi. Fa pagare caro il passaggio di informazioni e oggetti nel e dal carcere, prendendosi anche delle percentuali degli ingaggi delle due assassine. Sostanzialmente “va dove vanno i soldi”, infatti non ci mette molto a passare dalla parte di Velma a quella di Roxie una volta scoperto che quest’ultima ha preso il posto dell’altra in prima pagina.
Infine Billy Flynn è sicuramente un personaggio con un lato negativo dato il suo attaccamento al denaro e lo sfruttamento delle sue imputate chiedendo un’ingente somma di denaro (5000 dollari). Tuttavia non si può annoverare a mio parere tra i personaggi negativi, poiché è comunque il suo lavoro quello che svolge e lo fa alle sue condizioni. Tra l’altro quello che scoprirete una volta visto il film è che lui non è attaccato solo ai soldi, ma anche alla sua reputazione. Ha classe, si definisce il migliore sulla piazza, ed effettivamente lo è, e Richard Gere interpreta alla perfezione il personaggio. Inoltre collabora moltissimo all’immagine dell’imputata da lui difesa, manovrando la stampa a suo piacimento.

Questo film è espressione della spettacolarizzazione mediatica della morte, in particolare del killer, che viene visto come una star dal popolo. Quest’ultimo si trasforma automaticamente in pubblico che sta osservando uno spettacolo, una morte in scena. Da qui una delle frasi più importanti dello spettacolo espressa da Mama “In questa città, l’omicidio è una forma di intrattenimento”. Un tema attualissimo in quanto appena accade un evento del genere tutti si tuffano in una trasmissione televisiva di cui ne parla. Il killer viene odiato, ma al tempo stesso ammirato ed elevato ad uno stato “stellare”, messo sotto i riflettori, al centro dell’attenzione dei media (a questo proposito c’è una canzone molto illuminante al riguardo che si intitola “Killer Star” dell’artista Immanuel Casto, che parla proprio di questo).
L’altro tema affrontato dal film è quello che chiamo “Sciacallaggio di informazione. In sostanza questa tematica rispecchia quella particolare situazione che si viene a creare quando avviene un omicidio e i giornalisti fanno tutto ciò che è in loro potere pur di spremere conoscenti, parenti, amici per estrapolare qualsiasi tipo di dettaglio succoso da dare in pasto ai telespettatori (ovviamente oltre alla televisione, anche attraverso media come stampa online e cartacea). Siamo d’accordo che la cronaca di un omicidio è utilissima perché la gente deve sapere di quell’uccisione, se il killer è ancora a piede libero, per le indagini e molte altre cose del genere. Ma l’informazione secondo me si dovrebbe fermare ad un certo punto se non accade nient’altro. Quello che viene dopo, che serve solo per intrattenere il pubblico, è quello di cui sto parlando. Lo sciacallaggio di informazione è proprio questo: far crescere il più possibile il numero del pubblico (per qualsiasi media) spettacolarizzando l’evento dell’uccisione con tutte le sue componenti. E’ così che entrambe queste tematiche avanzano in concomitanza. E’ così che viene a crearsi una realtà mediatica, che può essere diversa dalla realtà dei fatti. In particolare nel film si viene a creare una realtà mediatica fatta di compromessi, corruzione, spettacolo, fama, successo, rivalutazione dal colpevole all’innocente dalla notte al giorno. Questo film merita di essere visto e vissuto tenendo conto di questi tipi di realtà e di come sono stati abili, regista, sceneggiatore e attori, nel manovrarli. Al proposito mi viene in mente un altro brano del film intitolato “We both reached for the gun”, e di come l’avvocato “muove le fila” della stampa, come un Orson Welles ai tempi di Quarto potere.

Il film vanta di sei premi Oscar tra cui Miglior film, e Miglior attrice non protagonista a Catherine Zeta-Jones (gli altri per montaggio, sonoro, costumi e scenografia), secondo la mia modesta opinione meritatissimi, tutti quanti. Il perché del merito va alla capacità del film di intrattenere lo spettatore in una dicotomia cinema/teatro a mio parere fantastica. Anche se è principalmente un film, non dimentico di dirvi che in realtà è nato come musical a teatro e da cui poi è stato tratto questa perla cinematografica. C’è il palco teatrale, ci sono i continui cut cinematografici che tagliano repentinamente da una scena reale ad una di spettacolo durante l’esecuzione dei brani. Tutto ciò crea una magia unica tra realtà e finzione, che però questa finzione è al tempo stesso parte del reale poiché, usando un’espressione del nostro avvocato Billy Flynn, che a mio parere è la chiave di tutto il film, “è tutto un circo”.

Antonio Carmando - ExtraTime - - Vai alla Home

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