“Oh my god they killed Kenny!”
“You Bastards!”
Titolo: South Park
Anno: 1997 (Stati Uniti); 2000 (Italia)
Autori: Trey Parker, Matt Stone
Genere: situation comedy, umorismo nero, satira
Stagioni: 17
Durata: 20 minuti circa ad episodio.
Come i Griffin, American Dad, Drawn Together e chi più ne ha più ne metta, South Park è stata ed è tuttora la serie televisiva satirica e di denuncia sociale più singolare a mio avviso che sia mai stata prodotta. Si potrebbe fare un paragone anche con i Simpson ma è un tipo di satira molto differente e molto più esplicita quella di South Park la quale fa cambiare totalmente il target degli spettatori.
La serie è ambientata in una cittadina sulle Rock Mountains, in Colorado, chiamata appunto South Park. In questa città ne succedono praticamente di tutti i colori. Protagonisti sono quattro bambini (avete capito bene, BAMBINI, poi capirete il perché dello stupore che la scelta dei protagonisti può suscitare) di nome Stanley Marsh, Kyle Broflovsky, Eric Cartman e Kenny McCormick.
E’ una sitcom basata interamente sulla denuncia della società americana in tutte le sue istituzioni, criticata appunto come serie “antiamericana”.
Si passa attraverso critiche sociali, religiose, politiche, di omofobia, di razzismo (in particolare antisemitismo), differenza tra i sessi, droga, alcool, ignoranza, chiusura mentale in generale ecc…
Il modo in cui mostrano queste denunce è nel modo più esplicito possibile: vedremo rapporti sessuali estremi (tra cui anche i preti), prostitute a bizzeffe, scene di droga e alcolismo, ma soprattutto violenza, violenza e ancora violenza.
Questa comicità esplicita che lanciò South Park alla fine degli anni novanta (e in Italia nei primi del duemila), fece scandalo e venne criticata dalla società americana e, ovviamente, anche da quella italiana con relative censure di parti di episodi, e poi di interi episodi per poi esserne terminata la trasmissione alla quarta stagione (ripresa in seguito e ridoppiata da MTV e Comedy Central).
Oltre a fare scandalo però, iniziò e continuò anche un filone di cartoon sitcom (come quelle sopracitate) sullo stesso genere che hanno avuto e hanno tuttora il loro successo.
Questo genere di comicità, se così si può definire perché in realtà di questa serie ne occupa solo una parte del programma tv, o ne fa da sfondo, o è semplicemente un genere diverso di quello che siamo soliti definire “che fa ridere”, è una comicità che fa riflettere.
Fa ridere, ovviamente, ma non è una risata sicuramente condivisa da tutti, il pubblico è molto selezionato. Lo spettatore deve essere istruito riguardo i temi della serie che vengono presentati in maniera così nuda e cruda, e deve mettere da parte moralismo e ipocrisia per poterne fruire liberamente e senza fastidio alcuno.
E’ una scelta di presentare le scene quella di South Park talmente tanto esplicita che alcune puntate fanno letteralmente “rivoltare lo stomaco” (pratiche di gerbilling, cannibalismo, coprofagia, violenza estrema per citarne solo alcune).
Siamo tutti pronti a sostenere (per chi ha visto anche solo una puntata, magari non censurata) che non è una serie per tutti, eppure ha riscosso molto successo nonostante le critiche negative.
Il successo di questa serie a mio avviso sta sia nel suo sfatare i tabù sociali, e come ben sappiamo non può che destare inevitabile attenzione, sia proprio perché il moralismo e l’ipocrisia vanno a farsi friggere lasciando solo spazio alla realtà vera mostrata nelle sue forme più esagerate e assurde. La realtà di una nazione come quella americana che, come qualsiasi altra nazione di questo pianeta, ha anche i suoi enormi difetti e non vista solo come una fabbrica di belle favole e sogni realizzati.
Insomma l’esemplificazione più esplicita della denuncia sociale, e ci vengono mostrate le scene che rappresentano proprio i temi per cui la società viene denunciata. Nuda e cruda realtà, ma anche scene simboliche le quali, seppur poche, sono altamente recepite dallo spettatore che vede, ride, comprende, riflette e poi dopo aver visto un episodio, il suo volto lascia spazio ad un sorriso amaro.
La genialità di questa serie sta proprio nell’intrattenere il pubblico selezionato con le risate, ma lasciare comunque un messaggio forte a cui lo spettatore pensa e ripensa, e realizza che in questo mondo c’è davvero del marcio.
La paradossalità di South Park sta nella scelta dei protagonisti: quattro bambini, ognuno con un proprio profilo psicologico specifico il quale contrasta fortemente con l’età dei bambini (terza elementare, non arrivano neanche a dieci anni in sostanza). C’è da dire che la positività dei personaggi che farò notare in seguito è molto relativa in questa serie.
Sono comunque bambini che dicono sempre parolacce e fanno cose assurde che hanno molto a che fare con la violenza (esempio iniziale della serie è il “calcio al pupo” in cui Kyle prende a calci il fratellino come gioco, e il fratellino di tutta risposta ride).
Vedremo quindi Stan che è il leader del gruppo assieme a Kyle, è il più “normale” del gruppo e rappresenta un personaggio positivo in quanto è onesto, sensibile, e si batte per la giustizia (scopriamo inoltre che è un animalista convinto).
Kyle che è il più razionale del gruppo, molto intelligente e prende voti alti a scuola. Il personaggio è stato creato basandosi sull’ideatore della serie Matt Stone. Ebreo e per questo ripetutamente preso in giro e insultato da Cartman (Eric, lo chiamano sempre col cognome), i due infatti si prendono sempre a pugni quindi a Kyle non manca di certo la violenza e il turpiloquio (frase celebre è “Vaffanculo Cartman!”), quindi il personaggio è positivo ma non totalmente.
Cartman (Eric) è un personaggio molto negativo e rappresenta la parte negativa tenuta nascosta delle persone. Quasi visto come l’antagonista della storia, e come un antieroe. E’ violento, scortese, sboccato, razzista, ignorante non vuole il bene dei componenti del suo gruppo, in molte puntate si scopre come lui pianifichi sempre cose malvagie o grazie alle quali solo lui trae giovamento. Un esempio è quando gestisce un traffico di feti per trarne cellule staminali al fine di salvare il suo amico Kenny che (come al solito) sta morendo; in realtà vuole usarle per duplicare un ristorante. Per questa sua caratterizzazione così negativa ed esplicita, solitamente è il personaggio più amato della serie.
Kenny è un personaggio interessantissimo (non che gli altri non lo siano) perché ha questa particolarità: muore quasi ad ogni puntata e all’inizio della puntata successiva si ripresenta come se nulla fosse successo. Da qui le famose frasi di Stan e Kyle: “O mio dio, hanno ammazzato Kenny!”; “Brutti Bastardi!”.
Può essere visto come una parodia della situation comedy dato che essa ha la particolarità di avere puntate indipendenti tra loro, le quali seguono sì una trama, ma ogni puntata è tendenzialmente fine a se stessa.
Muore nei modi più disparati, atroci e violenti possibili e vengono spiegate in determinate puntate come fa a rinascere ogni volta. Una volta ad esempio viene spiegato che ad ogni puntata c’è un nuovo Kenny perché viene partorito ogni notte dalla madre e nasce sempre lo stesso figlio. Un’ altra volta viene spiegato che è immortale, o meglio, che quando muore il giorno dopo si risveglia nel suo letto come niente fosse accaduto.
E’ caratterizzato da un giubbotto arancione con relativo cappuccio con cerniera alzata fino agli occhi, in modo tale che venga resa incomprensibile qualsiasi parola da lui proferita.
Kenny rappresenta un eroe, personaggio molto positivo, poiché la sua morte funge da sacrificio per salvare la vita degli altri ragazzi del gruppo e addirittura, in alcune puntate, la vita umana. Nell’ultima puntata della quinta stagione Kenny muore definitivamente (appunto nella puntata “Kenny muore”) poiché non avevano più modi di come farlo morire. Tuttavia riappare nella settima stagione senza alcuna spiegazione.
La regia della serie si basa su una grafica in “cutout animation” ovvero pezzi di carta disegnati, ritagliati e messi in sequenza per dare l’idea di movimento con l’ausilio in questo caso della stop motion (successivamente viene realizzato con l’animazione a computer). Una grafica non all’avanguardia, né di rilievo nel mondo delle animazioni, il pubblico può infatti benissimo non apprezzarla. Eppure secondo la mia opinione è ciò che caratterizza di più la serie, la distingue dalle altre e viene subito identificata dallo spettatore. Un tratto distintivo da non denigrare né sottovalutare. Inoltre le scene crude in una grafica del genere non danno lo stesso impatto percettivo realistico rispetto ad un qualsiasi altro cartone che non la utilizza. Se facessero un film con attori reali di questa serie, e ne rispettassero l’esplicità, vi posso assicurare che sarebbe un horror splatter di livelli altamente folli.
Infine parlo con voi, pubblico televisivo italiano. C’è una stragrande maggioranza, specie gli adulti, che pensano che i cartoni siano solo “per bambini”, intrattenimento infantile. Trovo che questo non sia affatto vero e il mondo televisivo di animazione di stampo americano e orientale ne siano un grande esempio (gli anime, cartoni come South Park, I Griffin e potrei fare una lista enorme ma ne parlerò in un’altra recensione).
Quindi, non spaventatevi di quello che vedrete, miei cari telespettatori. Del resto “è solo un cartone animato”.
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