Nel periodo compreso tra fine Gennaio e Febbraio, il sabato precedente la domenica di Sessagesima (circa sessanta giorni prima della Pasqua), i popoli bizantini usavano dedicarsi alla preghiera e al ricordo di tutti i defunti. Intorno all’anno 1000 l’abate benedettino Odilone di Cluny stabilì che le campane dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1° Novembre e il giorno dopo l'eucaristia offerta “pro requie omnium defunctorum”; successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica che istituì il 2 Novembre come “giorno della commemorazione dei defunti”, anche se tracce di festività dedicati alla celebrazione delle anime trapassate si ritrovano già nell’Antico Testamento e negli studi sulle antiche civiltà del Medio Oriente.
“Giorno dei Morti” è anche il titolo di un bellissimo romanzo di Agatha Christie. Sono passati undici mesi dal suicidio di Rosemary Barton e il suo ricordo è ancora vivo in chi l’ha conosciuta, quando una serie di lettere anonime fa balenare il sospetto che gli inquirenti si siano sbagliati e si sia trattato invece di un assassinio. Attraverso i ricordi degli amici e dei parenti appariranno tante diverse sfaccettature di Rosemary, verranno alla luce invidie e cattiverie che si credevano sepolte insieme al suo corpo, e ben presto apparirà chiaro che ognuno di essi avrebbe avuto almeno un motivo valido per ucciderla.
Se nel libro di Agatha Christie è la memoria del defunto ad essere protagonista in “Maigret e la giovane morta”, altro capolavoro nato dalla penna di George Simenon, è il cadavere assassinato, picchiato e lasciato in mezzo alla strada di una ragazza di 16 anni. Nella più commovente delle inchieste del commissario parigino gli occhi immobili spalancati, il vestito sgualcito, il rossetto graffiato via racconteranno, pagina dopo pagina, il nome e un passato di dolci illusioni infrante.
Dalla seconda metà del ‘900 la narrazione poliziesca e non solo sposta sempre più l’obiettivo sul cadavere. Il morto comunica sé stesso fino a diventa protagonista assoluto dall’inizio del nuovo millennio con serie tv come “CSI” o “Six feet under”, sottovalutata sceneggiatura forse un po' troppo avanti rispetto ai tempi che raccontava le vicende di un’impresa di pompe funebri (i sei piedi del titolo sono la profondità a cui convenzionalmente vengono sotterrati i defunti), fino al recente serial italiano “La porta rossa” che ripropone la figura del fantasma nella nuova chiave di lettura. “Revival” di Tim Seeley e Mike Norton è da questo punto di vista il nuovo capitolo della saga.
A Wasau, Wisconsin, tante cose non vanno come dovrebbero. Il problema dei “risorti”, come sono stati chiamati i ritornati in vita, non è più un segreto e il sindaco Dillish ha il suo da fare con l’esercito governativo ormai mobilitato che ha isolato la città, gli abitanti spaventati dal fenomeno e il gruppo ultrareligioso “Il dono della vita” che inneggia alla comunione tra vivi e morti e vede in quanto sta accadendo un segno divino, la possibilità per gli uomini di purificarsi dai peccati. Lo Sceriffo Cypress costantemente in prima linea finisce per trascurare le figlie Dana, anche lei agente di Polizia, e Martha. Allo stesso tempo, mentre la sorella maggiore è occupata dal difficile rapporto sentimentale venutosi a creare col Dottor Ramin che contrariamente a quanto sembrava apparire nei primi numeri si sta rivelando un personaggio difficile da decifrare, e dalla preoccupazione per il figlio Cooper che pare essere entrato in contatto con una misteriosa presenza che si aggira nelle vicinanze del fiume, Martha, che deve ancora trovare il coraggio di confessare al padre di essere una risorta, è alla prese con la ricerca del professor Weimar, suo ex amante che inizia a credere in qualche modo collegato alla sua morte.
La situazione precipita sempre più nel caos ed emerge la psicologia contorta di due personaggi. Il primo è Ed Holt, emarginato abitante della campagna, che inizia a vedere nel ritorno dei morti l’occasione per portare avanti la sua missione di pulizia di una società che ritiene profondamente malata e non esita a servirsi di Cooper e di Dana a tale scopo. L’altro è Blaine, giovane dedito a tanti vizi che millanta di essere un esorcista capace di scacciare il Demonio in tutte le sue forme. Scontratosi in precedenza con la giornalista May Tao con cui è finito per allacciare una conflittuale alleanza aiuterà sia lei che Martha a trovare Weimar e riportare a galla i suoi segreti.
Nella desolazione di un paesaggio gelato in cui anche le persone più vicine appaiono sfiorarsi senza dare alcun peso all’esistenza altrui e forse nemmeno alla propria, la storia riesce ad infondere il senso di inquietudine che in fondo si prova nei confronti di qualsiasi cosa che appare stravolgere quell’ordine prestabilito nelle cose, il mattone fuori posto che rischia di far crollare l’intera struttura.
Tutto qui? No. Perchè in “Revival” ci sono anche ingranaggi che non girano. Giunti al quinto volume siamo più o meno allo stesso punto a cui eravamo arrivati un anno fa. La trama va avanti con una lentezza esasperante, i personaggi stanno finendo per apparire anch’essi cristallizzati così come i loro tormenti e le incertezze, e la sconsiderata attesa infinita tra un’uscita e l’altra certo non aiuta il pubblico ad affezionarsi. Resta la speranza che il colpo di scena finale dell’ultimo numero sia l’anteprima ad una netta accelerazione per il prosieguo, e la fascinazione che ancora riesce ad esercitare la carne del cadavere, che nella quieta immobilità della morte rimane l’unico essere in grado di apprezzare e comprendere in tutta la sua pienezza il dono della vita.
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