Doveva essere un fine settimana di svago e istruzione, di quelli che ti regalano tante cose da raccontare, di quelli che ti lasciano un pizzico d’orgoglio per aver partecipato a una delle prime visite scolastiche all’Expo di Milano. E invece è finita in tragedia per un liceale padovano che ha trovato la morte precipitando dal quinto piano dell’hotel milanese dove si trovava ospite con la scuola.
La mattina dopo la tragedia, il corpo di Domenico è stato trovato da uno degli addetti dell’albergo, che è subito corso alla reception e ha chiamato il 118. Poi ha fatto una foto col cellulare al cadavere, immaginando che fosse uno degli studenti in visita, ed è andato nella sala dove le classi stavano facendo colazione con gli insegnanti. Si è avvicinato ai professori e li ha avvertiti che era successo qualcosa di grave a un ragazzo: «Guardate se è uno dei vostri», ha detto, mostrando la foto sul telefonino. Uno dei professori, docente di storia dell’arte, ha avuto un malore ed è stato portato in ospedale.
Prende corpo l'ipotesi che il 19enne Domenico Maurantonio si sia sentito male perché un compagno di classe gli aveva sciolto del lassativo nella birra.Il nome dell'autore dello scherzo, sembra essere stato individuato ma ancora non è stato fatto trapelare dalle autorità. Nella stanza di Domenico, dov’erano rimasti i suoi occhiali, i vestiti, il cellulare e le scarpe, la porta chiusa e lui fuori, dormivano altri due ragazzi. Hanno giurato di non aver visto e sentito niente.
Sorgono spontanee tante domande: come è possibile che i compagni di classe non si siano accorti che il loro amico non era più in camera, che era volato giù da una finestra. Da non avere la forza di lanciare un allarme. Nenache i genitori riescono a spiegarsi ciò, straziante lo sfogo della mamma su facebook :''Ho affidato il mio unico figlio, sano e in buona salute, all’Istituzione Scolastica. L’ho affidato per un’uscita con pernottamento. Mi verrà consegnato, cadavere tra alcuni giorni». «Ho trascorso questi ultimi vent’anni amandolo, curandolo, ascoltandolo, condividendo con lui le sue conquiste, le sue gioie, i suoi insuccessi; sostenendolo e costruendo con lui ogni momento, perché acquisisse solide radici ma anche valide ali per volare. L’hanno lasciato morire, solo e nell’indifferenza generale. Non ci sono lacrime né parole che possano esprimere il vuoto, la privazione, l’assurdità di tutto, il silenzio innaturale, il dolore. Grazie a voi tutti. Se fosse rimasto a casa, sarebbe vivo. Avremmo chiamato l’ambulanza... Io attendo di poter raccogliere dei pietosi resti. È meglio che non trovi parole».
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